Il Messaggero, 2 luglio 2025
Espulsi per terrorismo, erano innocenti E ora chiedono 2 milioni di risarcimento
Non sono terroristi islamici, ma semplici immigrati che avevano scelto l’Umbria per vivere con le loro famiglie. Il gip del tribunale di Perugia, Valerio D’Andria, ha ritenuto insussistente l’accusa di terrorismo nei confronti di quattro nordafricani che erano stati espulsi e ora chiedono due milioni di euro di risarcimento allo Stato. A causa di un’accusa rivelatasi, alla fine, infondata, sono stati costretti ad abbandonare le loro famiglie, mogli e figli minorenni, che sono rimasti senza alcun sostentamento. Tutti e quattro erano titolari di una carta di soggiorno, lavoravano a Cannara, a due passi da Assisi, grazie a un contratto di lavoro a tempo indeterminato ed erano genitori di figli minorenni tutti nati in Italia quando, a causa di quelle ipotesi di reato, venne loro revocato il permesso di soggiorno e furono sottoposti a un rimpatrio coatto. Protagonisti della vicenda tre marocchini (due di 39 anni e uno di 57) e un tunisino quarantasettenne. Ora i loro avvocati, Hilarry Sedu e Eduardo Cante, hanno inviato al ministero dell’Interno (e non solo) la richiesta di risarcimento. «Lo Stato deve riconoscere e ammettere quando sbaglia – sottolinea l’avvocato Hilarry Sedu – e deve ripristinare le sofferenze dei minori ai quali ha strappato dei genitori già integrati nel contesto sociale italiano, deve far sì che questi minori non crescano con il risentimento nei confronti della bandiera italiana perché non vogliamo che si ripetano le tragedie delle banlieue francesi».
LE ACCUSE
A carico dei quattro erano state ipotizzate, durante l’indagine che ha portato all’espulsione, «condotte di partecipazione ad associazione terroristica e di istigazione a delinquere» a seguito di «attività di indagine svolte mediante analisi del contenuto delle pubblicazioni riferibili agli stessi e comparse sui social network, nonché mediante intercettazioni telefoniche e perquisizioni». Secondo il gip D’Andria, «sebbene sia stata documentata l’adesione di alcuni degli indagati ad un contesto ideologico di islamismo radicale, non sono emersi contatti con una rete terroristica, né è emersa la concreta offensività degli scritti a loro riferibili e pubblicati in rete (sui social)». Il giudice ha disposto l’archiviazione del procedimento a carico dei quattro immigrati il 6 febbraio 2023 perché «gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna».
Sulla vicenda, in parte, si era già espresso, in maniera opposta rispetto al gip, anche il Consiglio di Stato che, in riferimento alla posizione di uno degli indagati di origine marocchina, il 30 maggio del 2024 aveva respinto l’appello contro l’espulsione, confermando la sentenza del Tar del Lazio. La sezione terza, affrontando il ricorso contro i ministeri dell’Interno e degli Esteri, aveva ricostruito la posizione dell’uomo, in Italia dal 2007, fino al decreto di espulsione del 2020 e del «divieto di reingresso sul territorio nazionale per 15 anni in considerazione del particolare profilo di pericolosità sociale evidenziato dallo straniero». Con la notifica del provvedimento avvenuto solo due anni e mezzo dopo, nel luglio 2022, tra lungagini e problemi legati al Covid.
LA REVOCA
Il Consiglio di Stato aveva sottolineato come «il percorso di radicalizzazione non si è limitato alla sfera interna della manifestazione del pensiero, in astratto intangibile in quanto espressione di una libertà costituzionalmente tutelata, ma è trasmodata in una significativa attività di propaganda jihadista e di militanza mediatica», come da risultati delle indagini dei poliziotti della Digos e del Compartimento di polizia postale di Perugia. Abbastanza, insomma, per confermare da un punto di vista amministrativo la correttezza dell’espulsione per cui ora si chiedono i due milioni di euro. Oltre all’indennizzo milionario i quattro immigrati chiedono la revoca del provvedimento nei loro confronti e la cancellazione dal sistema d’informazione Schengen (Sis) dei dati che ne impediscono il rientro nell’area.