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 2025  luglio 02 Mercoledì calendario

Chip sotto la pelle, guardie robot e IA Londra studia le misure svuota-celle

Chip sottocutanei per la localizzazione, robot incaricati della sorveglianza e veicoli senza conducente per il trasporto: sono alcune delle misure proposte dalle aziende tecnologiche ai ministri britannici per creare «una prigione fuori dalla prigione». Una risposta all’appello lanciato dal governo per affrontare il sovraffollamento carcerario.
A rivelarlo in esclusiva è stato il Guardian, che ha preso visione del verbale della riunione tenutasi a Londra e presieduta dal ministro della Giustizia Shabana Mahmood. A fare le proposte choc una ventina di aziende tecnologiche tra cui Google, Amazon, Microsoft e Palantir, insieme a IBM e all’operatore carcerario privato Serco, con altre aziende specializzate in localizzazione e biometria.
Tutto è cominciato quando, per contrastare la grave carenza di posti nelle carceri, i ministri avevano chiesto alle aziende di proporre idee per l’utilizzo di tecnologie indossabili, monitoraggio del comportamento e geolocalizzazione al fine di creare una «prigione fuori dalla prigione».
L’INVITO
Mahmood aveva chiesto alle aziende tecnologiche di volere «una collaborazione più profonda tra governo e tecnologia per risolvere la crisi di capacità carceraria, ridurre la recidiva e rendere le comunità più sicure». E aveva poi invitato le aziende ad «ampliare e migliorare» l’uso attuale dei dispositivi di localizzazione «non solo per il monitoraggio, ma anche per favorire la riabilitazione e ridurre la criminalità». Il ministro delle carceri, James Timpson, aveva domandato un «approccio alla giustizia basato sulla tecnologia».
Durante la riunione del mese scorso, i ministri hanno chiesto alle aziende tecnologiche di immaginare come potrebbe essere un «sistema giudiziario digitale, basato sui dati e sulla tecnologia» nel 2050. Tra le risposte figuravano: «Monitoraggio del comportamento in tempo reale e tracciamento sottocutaneo» a sostegno della salute e della «gestione del comportamento» delle persone sotto il controllo del sistema di giustizia penale; consulenti di intelligenza artificiale a sostegno della riabilitazione dei detenuti; e robotica «utilizzata per gestire i movimenti e il contenimento dei detenuti», compresi «veicoli a guida autonoma il trasporto dei detenuti».
Altri suggerimenti includevano l’uso di computer quantistici per «analizzare i dati passati al fine di prevedere comportamenti futuri» e per automatizzare il calcolo delle sentenze nel servizio di libertà vigilata, ormai al limite delle proprie capacità. Per risolvere questo problema, il mese scorso l’ex segretario alla Giustizia David Gauke aveva chiesto una riduzione delle pene detentive brevi e un maggiore utilizzo dell’intelligenza artificiale, nonché un possibile uso più ampio della tecnologia di riconoscimento facciale in pubblico per contribuire a ridurre di quasi 10mila unità la popolazione carceraria.
Gli attivisti per i diritti umani hanno definito queste idee «allarmanti e distopiche» e hanno avvertito che l’incontro suggerisce che il governo potrebbe così «avvicinarsi troppo ai giganti della tecnologia».
LE CRITICHE
Donald Campbell, direttore dell’advocacy presso Foxglove, un’organizzazione senza scopo di lucro che si batte per un uso più equo della tecnologia e che ha ottenuto la risposta alla richiesta di accesso alle informazioni, attacca: «È agghiacciante sapere che i ministri della giustizia si sono seduti al tavolo con il settore tecnologico per discutere dell’uso di robot per gestire i detenuti, dell’impianto di dispositivi sotto la pelle delle persone per monitorarne il comportamento o dell’uso di computer per prevedere’ cosa faranno in futuro». Per Campbell «l’idea che le aziende tecnologiche possano produrre strumenti per “prevedere” i reati è stata più volte screditata: è deludente vedere che continuano a promuoverla e che il Ministero della Giustizia sia così disposto ad ascoltarle», ha concluso.