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 2025  luglio 02 Mercoledì calendario

Intervista a Donatella Rettore

Donatella Rettore è sempre stata un’artista non addomesticata.
Ha rotto molti tabù, anticipato i tempi, è una artista sicuramente dissacrante e, per i moralisti, politicamente scorretta. Per il suo settantesimo compleanno, che cadrà l’8 luglio, ha deciso di raccontarsi a tutto tondo.
Donatella, secondo lei la provocazione è fondamentale per il lavoro degli artisti?
«Io non sono mai provocatoria».
Dico in generale...
«No, guardi, anzi. Io sono una che ha mandato giù tanti rospi. Durante l’ultimo programma tv Rita Pavone mi ha criticato perché diceva che io acceleravo. Io non accelero mai. È lei che rallenta. Gigioneggia, come facevano i vecchi tromboni una volta».
Crede che Rita Pavone ce l’abbia con lei?
«Credo di si. Non so perché. Dice che la guardo male. Forse mi vede più giovane. Ma non è che io sia una ragazzina».
Lei fa 70 anni fra pochi giorni. Cos’è per lei l’età?
«È una rogna. Io penso che la vita debba durare quel che deve durare. Non chiedo di allungarla. Però se sono viva voglio essere viva al 100 per cento. Non voglio essere vecchia».

Che età le piacerebbe avere?
«Trent’anni. No, meglio 25».
In che cosa sente il peso dell’età?
«Gli acciacchi. Poi io sono talassemica. Sono fragile».
Ha pesato questo nella sua carriera?
«Si. All’inizio mi ammalavo sempre. Specie dopo le serate. Poi mi ricoverarono e scoprirono la talassemia. Sentenziarono: “Lei non può fare la cantante”. Avevo 29 anni. Mi dissero: “Faccia il medico, lei è portata”».
E lei?
«Presi gli antibiotici, il cortisone, e andai a Sanremo».
Che Sanremo era?
«Sanremo 1986. Stavo male. Poi mi telefonò mio padre e mi disse che mia madre aveva avuto una trombosi. Mi chiamava a tutte le ore, papà, e mi diceva: “Vieni a casa, corri che la mamma sta morendo”. Dall’altra parte avevo la mia casa discografica Ricordi che mi diceva: “Se ci pianti in asso ti facciamo una causa che ti leviamo tutto”».
Cosa ha fatto?
«Ho cantato e sabato sera appena finito il Festival sono scappata a Treviso dalla mamma. Poi ho chiuso con la Ricordi».
Sua madre?
«È rimasta paralizzata. Otto anni di agonia. Poi è morta a sessant’anni».
È stato un grande dolore?
«Mia madre è stata distrutta dalla malattia. Lei era una donna attivissima, coltissima, grande divoratrice di libri e di sigarette. Attrice, ballerina. Credo che l’abbia uccisa il fumo».

Lei ha dei vizi?
«Un bicchiere di amarone quando ceno».

Le droghe, mai incontrate?
«No. Non avevo il fisico.
Me ne hanno offerte eccome...ma sapevo che non le avrei rette».
Nella sua carriera ha subito molte invidie femminili?
«No. Alla fine degli anni settanta c’era molta solidarietà nel mio mondo. Il Rock, il Punk crearono una grande apertura verso i giovani. E io ero giovane».
Ha mai conosciuto la depressione?
«Si l’ho conosciuta. Depressione e panico. Specie durante la malattia di mia madre».
Panico?
«Si, e il mio cane sentiva prima di me che stava arrivando l’attacco. Stavo malissimo. Un laccio che mi stringeva la gola. L’impotenza di gridare e chiedere aiuto. Succedeva spesso. Andai in clinica. Elettroencefalogrammi, analisi di ogni genere».
E che dissero?
«Che non era un fatto neurologico. Ero io che somatizzavo. E le cose peggiorarono quando morì mio padre».
Come è morto?
«Poco dopo la trombosi di mia madre. Una sera ha cenato, ha bevuto il caffè, ha fumato una sigaretta, si è accasciato ed è morto. Infarto violentissimo. Per me una sciabolata. Non ero preparata. Papà era grande, bello, forte, aveva 70 anni portati benissimo.
È morto in due minuti. E mia madre era lì, paralizzata, e non poteva fare niente».
È stato un periodo molto duro, immagino. E poi, recentemente c’è stata l’altra prova: il tumore al seno...
«Si. Se ne accorsero durante un controllo di routine. Mi operarono il 19 marzo del 2020. Il giorno dopo scattò il lockdown. Giornate assurde in ospedale. Poi mi dimisero, ma dopo qualche settimana che stavo a casa mi telefonò l’oncologo dall’ospedale, era un sabato sera, e mi disse: “Devi tornare, porta lo spazzolino e il pigiama”».
E che successe?
«Mi operarono un’altra volta e mi portarono via mezzo seno».
Cosa ha pensato quando le hanno detto: “Ti ricoveriamo di nuovo”?
«Ho pensato: piuttosto che affrontare il calvario della malattia preferisco morire».
Lei ha più paura della malattia che della morte?
«Si. Io sono per l’eutanasia. Ma in questo paese, che non è libero, l’eutanasia non è legale. Dobbiamo fare sempre quello che vogliono gli altri».
Non hai avuto figli. Come mai?
«Non sono venuti. Ero innamoratissima di Claudio. Lo sono ancora. Ci sarebbe piaciuto un figlio».

Lei è figlia unica?
«Mia madre ha partorito quattro figli ma i primi tre sono morti nella prima settimana di vita. Quando mi ha partorito l’hanno messa vicino alla cappella così era già pronta a battezzarmi se fossi morta anch’io».
Per lei il sesso che valore ha nella vita?
«Il 99 per cento».
Nella sua carriera hai ricevuto ricatti sessuali?
«No. Io sono stata sempre una tupamaros. Ho sempre messo paura agli uomini».
Ha mai subito il patriarcato?
«No. Io sto con un uomo più femminista di me».
Il sesso è un’arma in più o uno svantaggio?
«Se dipendi dal sesso è uno svantaggio. Se è uno strumento di unione, è la vita. Il sesso e la musica sono la vita».
Claudio chi è per lei?
«Mio marito, il mio amante, mio figlio, il mio uomo, il mio musicista, mio fratello».
Litigate mai?
«Come no? Ci tiriamo i piatti. Ci guardiamo certe volte con gli occhi della tigre».