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 2025  luglio 01 Martedì calendario

Davide «Cesareo» Civaschi: «La polio, le umiliazioni da piccolo. Ma con una protesi suono, canto e vivo meglio»

Una infanzia «da guerriero della strada», dice. Del resto se la polio ti prende alle gambe da piccolo le conseguenze ci sono e i bambini sanno essere spietati: «Sono sempre stato umiliato e isolato, ma questo mi aveva fatto venire la pelle dura già a sette anni». Poi è arrivata la chitarra: «Ho scoperto di avere mani che a differenza delle gambe funzionavano abbastanza bene». Un eufemismo che in realtà è la prima grande svolta: riascoltare un assolo o un riff pescato a caso nel repertorio di Elio e le storie tese se avete dei dubbi. La seconda svolta però ha riguardato proprio le sue gambe. In particolare la destra su cui la poliomielite presa a 14 mesi si era accanita di più, sino alla «normalità di vita» anche motoria finalmente conquistata di recente: merito di una protesi iperfunzionale e di una tecnologia «che in un mondo più giusto dovrebbe essere alla portata di tutti», magari anche grazie a realtà come la Fondazione «Dopo» (Donazione protesi ortopediche) dell’Istituto Rizzoli di Bologna. 
Questa in sintesi la storia di Davide Civaschi, classe 1962, meglio noto come Cesareo, compositore e chitarrista di varie formazioni ma soprattutto di Elio & C. con cui il 5 luglio chiuderà il ritorno dell’ormai tradizionale Concertozzo – questa volta a Bassano del Grappa: il giorno prima incontri e dibattiti, finale in musica – nato per sensibilizzare tutti sul tema dell’autismo ma quest’anno più che mai esteso al problema della disabilità in genere: «Perché c’è ancora molto da fare – insiste Cesareo – e il contributo che possiamo dare come artisti è raggiungere il maggior numero possibile di persone perché tornino a casa con una consapevolezza in più». Per esempio: «Lo sapevate che lo Stato non paga più le batterie delle sedie a rotelle?». Nei due giorni di Bassano saranno in tanti a passarsi il microfono, sia artisti sia gente del Terzo settore, dello sport paralimpico, nonché della Fondazione del Rizzoli e poi di Ottobock, l’azienda «autrice» della protesi risolutiva di Cesareo. 
Peraltro Civaschi, se c’è da parlare di disabilità, è un fiume in piena. Specie se a quella dovuta alla malattia si aggiungono le sventure occasionali, tipo un’operazione extra al ginocchio di due settimane fa («Ero in lista col prericovero da marzo, mi han chiamato dopo tre mesi») o il Concertozzo del 2022 a Bergamo fatto in sedia a rotelle perché investito in moto alla vigilia.
«A certe cose – dice – fai caso solo quando ti succedono. Non ci pensi mai che una disabilità può arrivarti addosso da un momento all’altro. A me la polio non aveva mai dato grandi problemi rispetto alle barriere architettoniche. Di quelle ti accorgi quando sei in sedia a rotelle e un gradino diventa una montagna. Oppure se hai in ballo la medicazione per un intervento come quello che ho appena fatto e stai in una casa senza ascensore, o se l’ascensore è quello del traghetto per l’Elba che avevo preso dopo l’incidente e la sedia a rotelle non ci entrava». Resta il fatto che una disabilità permanente è un’altra cosa: «Però c’è un punto in comune. Ed è che quando ti succede un problema grosso non sai cosa fare. Chi chiamare. A chi chiedere. Quando ti succede un casino vero sei solo».
Lui, quando la polio arrivò, non aveva neanche un anno e mezzo. «Mio papà faceva l’operaio alla Stipel, la società dei telefoni di allora. Ha dovuto mettersi a studiare, trasformarsi in fisioterapista, imparare a mettere un tutore». Poi c’è il resto, per non parlare dei soldi: «Sono cresciuto con una protesi pesantissima. Lo Stato ti passa una scarpa all’anno. Estate o inverno, quel che viene viene. Ma quel che non ti dà, soprattutto, è informazione. Su niente».
E infatti lui le protesi Ottobok che fanno a Budrio, tra Ferrara e Bologna, le ha scoperte per caso con Instagram. «Ne parlava Bebe Vio, loro naturalmente fanno anche quelle supersoniche da decine di migliaia di euro per gli atleti paralimpici. Ma dal mio punto di vista è una roba da marziani anche quella che hanno fatto per me. Costa circa cinquemila euro. E mi ha rivoluzionato la vita. Dovrebbero potervi accedere tutti. In Germania te la passerebbe lo Stato. In Italia no». 
È a questo punto che l’Istituto Rizzoli con Fondazione Dopo può dare una mano concreta a chi ne ha bisogno. «Per questo ovviamente – spiega Cesareo – al Concertozzo di Bassano tiriamo dentro anche loro». Con il direttore Francesco Malferrari per la Fondazione e Corrado Polzoni come responsabile Divisione protesica dell’azienda di Budrio, oltre ai «complici» di sempre come Nico Acampora di PizzAut più Erika Coppelli del Tortellante, più i rappresentanti di numerose altre associazioni, più la campionessa paralimpica Martina Caironi, più donne e uomini di spettacolo, da Geppi Cucciari al co-organizzatore Trio Medusa, e altri ancora. Tutti i talk in diretta su corriere.it.