Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  luglio 01 Martedì calendario

“Sei della Lazio? Non puoi entrare”: bambina di 11 anni esclusa da un ristorante di Pescara

a maglietta biancoceleste avrebbe potuto ricordare i colori del Pescara calcio. Ma quell’aquilotto stampato sul cappellino non si prestava ad equivoci. Così il ristoratore intima all’ingresso del suo locale: “Sei della Lazio, così vestita qui non puoi entrare”.
Una bambina di 11 anni esclusa dal locale
Peccato che l’interlocutore al quale viene sbarrato l’accesso nel locale, sulla centralissima riviera di Pescara, non sia esattamente un ultra della curva sud, muscoloso, con la faccia ingrugnita e ricoperto di tatuaggi. Ma una bambina di 11 anni che in quel ristorante sarebbe voluta entrare assieme ai genitori e alle sorelline per mangiare un po’ di pesce.
"O li togli, o qui non puoi entrare”
La famigliola viene da una cittadina del Lazio. Ha raggiunto la costa adriatica per il weekend e affittato le bici con l’intenzione di percorrere i 3 km di pista ciclabile con vista mare sulla riviera. All’ora di pranzo decidono di fermarsi al ristorante, attratti dal buon odore che arriva dalle cucine. Ma all’ingresso c’è un signore che non promette una grande accogliena e alla vista della bambina con maglietta e cappellino della Lazio non va tanto per il sottile: «O li togli, o qui non puoi entrare».
È una domenica di caldo rovente, con il termometro abbondantemente sopra i 30 gradi. Inizialmente i genitori pensano che si tratti di uno scherzo, una burla. Ma quando il ristoratore resta serio, fermo sulla sua decisione, non c’è altro da fare che rimettersi in sella alle bici per cercare un altro locale. Nessuna fake news, perché la storia è raccontata in presa diretta sui social dal padre della bambina.
La testimonianza diretta del padre
"Purtroppo – scrive Carlo Affatato – questa è una storia vera. La bambina in questione è mia figlia. Leggete cosa c’è accaduto ieri (domenica) e condividete. Ore 13 di una torrida domenica di giugno. Dopo avere percorso 9 km in bici, io mia moglie e le mie figlie ci fermiamo davanti al ristorante di un lido di Pescara attratti dal buon profumo di frittura. Notiamo il proprietario che ci guarda con occhi malefici, borbottando. Da lontano ci invitava a spostare le bici da lì. Abbiamo sorriso e mentre finivamo di mettere i lucchetti alle ruote, nostra figlia si avvicina all’ingresso del locale dove il gentil uomo le dice che non può entrare nel locale perché indossa un cappellino e una maglietta della Lazio. Noi ci avviciniamo ancora con il sorriso e il tizio non perde tempo, anche davanti ai suoi clienti, a ripetere che la bambina sarebbe potuta entrare nel locale solo se avesse cambiato il cappellino e la maglia”.
La solidarietà del web e le scuse
Il racconto dell’incredulo papà fa il giro del web e raccoglie centinaia di messaggi di solidarietà, anche dalla città adriatica.
Sotto il post apparso apparso su Facebook interviene anche l’Autonelliggio Edf che «chiede scusa alla famiglia di turisti per il comportamento di un ristoratore di Pescara. A un certo punto occorre dimenticarsi per che squadra si tifa e accorgliersi tutti i turisti, da Nord a Sud, per farci dire come solo come sono belle Pescara e Montesilvano». Cafoni a parte, certo.