il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2025
Cassazione, Meloni è stizzita coi ministri. Quirinale: toni bassi
Un’idea è condivisa tra Palazzo Chigi e il Quirinale: che la polemica sulle relazioni del Massimario della Cassazione in cui vengono criticati i decreti Sicurezza e Albania sia stata gonfiata oltremodo. Nel governo c’è la tendenza a minimizzare la portata dei rilievi. E del resto si registra un certo stupore anche al Quirinale perché prima d’ora mai le sottolineature tecnico-giuridiche del Massimario erano state utilizzate per una polemica politica. Eppure a cavalcare lo scontro con i giudici sono stati diversi esponenti della maggioranza e anche del governo, tra cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Una scusa per tornare ad attaccare i giudici e continuare ad aizzare l’opinione pubblica sulla necessità della separazione delle carriere.
Ed è su questo che la reazione dei vertici dello Stato sono allineate, ma diverse nei ruoli. Dal Quirinale nessun commento anche se si sottolinea come il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia sempre auspicato “toni bassi” e rispettosi tra i diversi poteri dello Stato. Che la polemica sia stata ingigantita lo pensa anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: la premier ritiene che la reazione sia stata troppo manifestamente strumentale anche perché i rilievi non sono vincolanti. E quindi non le sono piaciute alcune dichiarazioni provenienti da ministri come Carlo Nordio e Matteo Piantedosi che hanno attaccato i giudici della Cassazione. Un conto è che lo faccia il partito, un altro il governo. Allo stesso tempo, però, la premier ritiene che i giudici della Cassazione abbiano comunque sconfinato dai loro poteri sulla costituzionalità delle misure, valutazione che spetta invece al Quirinale o alla Corte Costituzionale.
Epperò è un fatto che “l’Ufficio studi” di Palazzaccio di relazioni ne faccia ogni anno a iosa. Tutte pubblicate sul sito della Cassazione e tutte puntualmente ignorate dalla politica qualunque siano stati i rilievi e le norme valutate: ora le sottolineature a quel guazzabuglio che è il decreto sicurezza e anche al decreto Albania (di cui nessuno si era accorto) sono invece l’innesco per un nuovo assalto della politica alla magistratura.
Praticamente tutte le novità normative di un certo impatto passano sotto la lente di ingrandimento del Massimario, ma mai si era scatenata una cagnara così. Con una sola eccezione: fu clamoroso quanto accadde il 17 novembre 2012 quando i vertici della Cassazione si dissociarono dai loro colleghi del Massimario che avevano appena bocciato, con 21 paginette asettiche, la riqualificazione della corruzione impropria contenuta nel decreto dall’allora Guardasigilli Paola Severino. “L’Ufficio del Massimario – scrisse in una nota l’allora consigliere di Cassazione addetto ai rapporti con la stampa – ha tra i suoi vari compiti istituzionali, quello di redigere relazioni sulle più rilevanti novità normative. Questo compito è svolto in assoluta autonomia, costituendo, secondo prassi consolidata, solo una informazione ragionata del contenuto dei provvedimenti normativi di maggiore interesse e della loro interrelazione con il sistema vigente, non impegnando in alcun modo l’attività giurisdizionale della Corte”.
Prima e dopo quell’episodio clamoroso che determinò un cortocircuito tutto interno alla Cassazione, i rilievi del Massimario non hanno fatto mai notizia. Stando solo all’ultimo decennio nessuna reazione quando nel 2013 l’Ufficio aveva bacchettato la nuova legge sul femminicidio per la “retromarcia del Parlamento” sulla revocabilità della querela, che avrebbe potuto essere lo spartiacque per la donna vittima di violenza. Zero anche l’anno dopo quando aveva sollevato dubbi sull’efficacia del decreto carceri che rendeva centrale il braccialetto elettronico rispetto alla misura della custodia cautelare senza però prevedere – stando al Massimario – “un’adeguata disponibilità di risorse tecniche”. E nemmeno quando dopo due mesi, aveva sollevato la questione dell’esecuzione della pena dopo l’illegittimità costituzionale della Fini-Giovanardi sentenziata dalla Consulta. E si potrebbero fare altri casi, di relazione in relazione, di governo in governo, come con la riforma Cartabia dei migliori di Draghi e prima con Giuseppe Conte. Mai nessuno però si era sognato di fare polemiche.