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 2025  luglio 01 Martedì calendario

L’America mette i dazi mentre la Cina li smantella ed espande la sua influenza

Donald Trump continua a randellare il globo terracqueo con i suoi dazi mostruosi ma la Cina li smantella ovunque, appena può, nonostante l’estenuante negoziato tra Washington e Pechino.
Il miracolo di Pechino
Come è possibile che la Cina adotti una strategia tanto autolesionistica e, in apparenza, così poco sostenibile? Pechino non utilizza le tariffe doganali come strumento economico, ma come leva strategica per rafforzare alleanze, espandere l’influenza internazionale e consolidare il ruolo di potenza globale. L’ultima raffica di esenzioni cinesi riguarda l’azzeramento dei dazi per 53 Paesi africani, ad eccezione del piccolo eSwatini, l’ex Swaziland,“colpevole” di mantenere aperte le linee con Taiwan. Questa politica tariffaria zero, annunciata il 12 giugno 2025, in occasione del Forum economico Cina-Africa, apre a un maggiore accesso al mercato cinese e la Cina, come è noto, è il principale partner commerciale dell’Africa negli ultimi 15 anni, con volumi di scambi da 292 miliardi di dollari nel 2024, in primis con Kenya, Ghana, Nigeria e Marocco.
Il sistema cinese
Ma la realtà è che sempre più Paesi vedono oggi la quasi totalità delle proprie esportazioni in Cina entrare a dazi ridotti e, in certi casi, a dazio zero. I dati 2025 mostrano che il sistema adottato dalla Cina premia la cooperazione bilaterale e regionale. Da Shanghai Marzio Morgante, managing partner di Asian Tax Advisory (ATA), spiega che «questa asimmetria riflette un disegno strategico più ampio: costruire un sistema commerciale multipolare a guida asiatica, in cui la Cina si propone come catalizzatore di integrazione economica, contrapponendosi a un Occidente percepito come sempre più protezionista. Sebbene la Cina offra significative opportunità commerciali e di investimento, è stata anche criticata per le pratiche di prestito e la potenziale dipendenza dal debito di certe nazioni africane, ma adesso sta spostando la sua attenzione dai progetti finanziati esclusivamente con debito a investimenti reciprocamente vantaggiosi».
Sì, la Cina ha già da tempo una strategia commerciale più aperta rispetto agli Stati Uniti, difficile da stimare, molto dipende dal valore dell’ export del Paese beneficiario verso il Paese che fa “sconti”.
Il caso australiano
«Un esempio è l’Australia – spiega Morgante – la tariffa media con il regime preferenziale (grazie al FTA con la Cina) è di circa l’1,1% contro il 7,1% senza accordo (pari a circa l’85% in meno rispetto all’aliquota massima teorica); quindi su un miliardo di import dall’Australia, la Cina incassa dazi per 11 miliardi contro i 71 che avrebbe incassato senza accordo (“costo” di circa 60 milioni per ogni miliardo di scambi). Tuttavia, non è un vero e proprio costo, in quanto compensato da benefici ben più ampi. Nel caso dell’Australia, la Cina si assicura l’accesso privilegiato alle materie prime australiane, il rafforzamento delle relazioni geopolitiche e la maggiore competitività delle industrie cinesi che utilizzano input australiani».
Le esenzioni globali
L’adesione al RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership), che include 15 Paesi dell’Asia-Pacifico, tra cui Giappone, Corea del Sud, Indonesia e Vietnam, ha permesso alla Cina di consolidarsi nell’Asia-Pacifico, gli accordi bilaterali la Svizzera e l’Australia hanno facilitato l’accesso a tecnologie avanzate e risorse naturali. Così Pechino mantiene una tariffa media del 10% mitigata dal sistema multilaterale che permette tariffe molto inferiori grazie ad accordi preferenziali.
Negli ultimi vent’anni, ha creato una rete di accordi bilaterali di libero scambio (FTA) firmando più di venti FTA bilaterali tra cui Svizzera, Islanda, Georgia, Serbia, Cile, Perù, Nuova Zelanda, Australia e Singapore. A questi si aggiunge il RCEP. Le importazioni da Nuova Zelanda e Australia sono quasi completamente esenti da dazi; la Svizzera è quasi a dazio zero; Giappone e Corea del Sud beneficiano di abbattimenti progressivi sotto il 5%, grazie al RCEP. Singapore, membro sia del RCEP sia dell’ASEAN-China FTA, ha praticamente libero accesso al mercato cinese.