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 2025  giugno 30 Lunedì calendario

Occupati ma infelici: i lavoratori italiani sono tra i più insoddisfatti al mondo

Solo sei italiani su dieci sono soddisfatti della prima situazione lavorativa e l’incidenza è ancora più bassa se si considera la soddisfazione salariale. Livelli che ci collocano agli ultimi posti della classifica internazionale redatta da Hays (società specializzata in recruitment e risorse umane) e che sono indicativi della capacità competitiva del nostro Paese in una fase di transizione come quella che stiamo vivendo, in cui sono proprio le persone – con le loro competenze e motivazioni – a poter fare la differenza.
In testa Repubblica Ceca e Thailandia
Gli analisti hanno intervistato i lavoratori per saggiare il loro umore alla luce delle politiche adottate dalle rispettive aziende in termini di crescita professionale, attenzione alle persone, benessere mentale, welfare ed equilibrio tra vita privata e lavoro. Tutti strumenti a disposizione delle imprese per creare ambienti di lavoro in grado di migliorare la soddisfazione dei dipendenti e rendere i lavoratori sempre più parte attiva della vita aziendale.
I dipendenti più soddisfatti sono quelli della Repubblica Ceca (79% di risposte positive), seguiti da quelli della Thailandia (76%) e del Regno Unito (71%). Seguono Colombia (69%), Messico e Irlanda (67%), Canada e Malesia (65%), Ungheria (64%), Paesi Bassi, Polonia e Francia (63%), Spagna, Romania, Cile e Cina (62%). Chiudono la classifica Brasile (61%), Italia (60%), Stati Uniti (59%), Portogallo (52%). In coda, con un distacco considerevole, all’ultimo posto troviamo il Giappone (40%), con i dipendenti più insoddisfatti della rilevazione.
Anche in termini di soddisfazione salariale, la Repubblica Ceca si piazza al vertice con il 73% di dipendenti soddisfatti, seguita da Thailandia (70%) e Gran Bretagna (68%). Subito dopo si collocano Irlanda (66%), Messico (61%), Colombia (60%), Cile (59%), Romania (58%). Condividono lo stesso grado di soddisfazione i dipendenti di Stati Uniti, Cina e Italia (57%), seguiti a stretto giro da Malesia (56%), Canada e Francia (55%). I meno soddisfatti della propria retribuzione sono, invece, i lavoratori dei Paesi quali Spagna (46%), Portogallo (45%), Paesi Bassi (43%), Polonia e Giappone (42%), che si riconferma avere i lavoratori più insoddisfatti.
Indicatore che fa la differenza
Alessio Campi, people & culture director di Hays Italia, sottolinea l’importanza di considerare la soddisfazione del personale, che oggi più del passato “costituisce un indicatore strategico per il successo delle aziende, soprattutto in un contesto in cui i professionisti ricercano ambienti che valorizzano competenze, benessere e crescita”. A questo va aggiunto un altro aspetto. Per quanto all’apparenza poco intuitivo, proprio il ruolo crescente giocato dal digitale in tutti gli ambiti della società, compreso il lavoro, rende le tecnologie una commodity a disposizione di un gran numero di aziende. Così, a fare la differenza sono proprio le persone che devono valorizzare al massimo queste tecnologie.
Quanto alla performance della Penisola, per Campi dovrebbe “spingere imprese e manager a ripensare le leve di attrattività e retention dei talenti. Bisogna puntare sui bisogni intangibili dei lavoratori, ossia su politiche concrete che riguardino opportunità di crescita, work-life balance e cultura aziendale”, conclude. “Questo è tanto più rilevante se consideriamo che, secondo le stime di Unioncamere di giugno 2025, il 45,4% delle imprese segnala difficoltà nel reperire i profili ricercati, principalmente per mancanza di candidati”.