ilfattoquotidiano.it, 30 giugno 2025
Eni battuta dai comitati: stop all’inceneritore di fanghi a Porto Marghera. Decisivo il parere dell’Iss
Accade, a volte, che i giganti economici vengano sconfitti dai movimenti popolari e dalle associazioni che si battono per la tutela del territorio e della salute pubblica. È accaduto che dopo tre anni di mobilitazione, il progetto da 140 milioni di euro per un inceneritore per fanghi che Eni Rewind vorrebbe costruire a Malcontenta sia stato bocciato dal Comitato Tecnico Regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale della Regione Veneto, che ha espresso parere negativo. Avrebbe dovuto bruciare 190mila tonnellate l’anno di fanghi di depurazione civile provenienti da tutto il Veneto, contenenti anche i Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche prodotte dalla Miteni di Vicenza, condannata per disastro ambientale.
Il progetto Eni Rewind era stato presentato in Regione nel 2022, suscitando preoccupate reazioni e cortei di protesta, assieme ad analisi scientifiche che sconsigliavano la realizzazione di un impianto che diffondesse nell’aria, nell’acqua e nel terreno i residui tossici. Decisivo è stato un parere dell’Istituto Superiore di Sanità sugli effetti negativi dell’inceneritore. “Il Comitato Via ha ritenuto che non siano state acclarate tutte le garanzie di irrilevanza dell’impatto ambientale e sanitario dell’iniziativa proposta da Eni, in particolare per le criticità sottolineate dall’Istituto Superiore di Sanità e dalle autorità sanitarie locali, in un contesto delicato e gravato nel tempo da rilevanti pressioni ambientali come è quello di Porto Marghera, secondo il principio della cosiddetta ‘giustizia ambientale’”, è scritto nel comunicato ufficiale, diffuso mentre all’esterno della Regione Veneto gli ambientalisti manifestavano.
“Tra i principali aspetti tecnici considerati non sufficientemente chiariti, la combustione dei Pfas a temperature di combustione ritenute insufficienti per una completa degradazione delle molecole inquinanti”, si legge ancora. “Avevamo promesso a Eni che di qui non sarebbero passati, e non sono passati”, ha dichiarato il coordinamento No Inceneritori. “È una vittoria importantissima per un territorio che ha pagato un prezzo altissimo, in termini di vite umane perse e di degrado ambientale, a causa di decenni di industrializzazione dissennata, che ha privilegiato il profitto sopra tutto e sopra tutti, creando – ha aggiungto il comitato – la diffusa opinione che la popolazione non ha mai voce in capitolo su questioni così importanti”.
Nel 2024 erano scese in piazza a Marghera 5mila persone, ma soprattutto è stato avviato un grande lavoro di inchiesta e approfondimento scientifico, che è riuscito a sconfiggere “una delle multinazionali del fossile più potenti al mondo”. Le istituzioni “hanno dovuto piegarsi di fronte alla nostra mobilitazione – dice ancora il comitato – Questa sentenza non vale solo per Eni, perché ora il problema della salute, dei Pfas e dell’inquinamento ambientale non potrà più essere ignorato, né per l’inceneritore di Veritas, né per quelli di Padova, Schio, Verona e Loreo”. A loro avviso, per risolvere un problema “se ne crea uno ancora più grave”. Ora, insistono, “è necessario bloccare immediatamente la seconda linea di Veritas. Chiediamo alla Regione Veneto e ad Arpav di avviare studi approfonditi intorno agli inceneritori, con il supporto di Cnr e Ispra, per verificare il livello di contaminazione da Pfas nei suoli, nelle acque, e negli alimenti”.
“Il respingimento del progetto segna un passaggio rilevante per la tutela della salute pubblica e dell’ambiente in un territorio già gravemente compromesso da decenni di pressione industriale”, dichiarano i medici democratici di Isde. “Abbiamo fornito una documentazione solida e indipendente sugli impatti sanitari legati alla combustione di fanghi contaminati da Pfas e da altre sostanze pericolose. In particolare i rischi derivavano da una combustione incompleta”. Eni Rewind non ha gradito e adombra ripercussioni negative sui progetti industriali: “Avvieremo le opportune riflessioni in merito al rilancio dell’area industriale di Porto Marghera di cui questo impianto era parte rilevante”.