Il Messaggero, 29 giugno 2025
Ucraina, i "nonni" al fronte «Meglio noi che i giovani»
All’inizio della guerra dopo l’invasione russa, centinaia di giovani avevano lasciato il Paese, alcuni si erano rifugiati nei boschi o i più ricchi in resort oltre il confine che offrivano internet e stanze da dove lavorare ed evitare di finire al fronte. Ora, a tre anni di distanza e con quasi 100.000 morti, sono i nonni ad andare al fronte. Il fenomeno è molto noto nell’esercito e proviene in parte da una strategia di Kiev: mandare in guerra non tutti i suoi giovani per pensare al futuro del Paese una volta che la guerra sarà finita.
I «DID»
Li chiamano «Did» che in ucraino significa nonno: «Sono adulto ma mi piace stare in movimento, stare a casa o seduto in una base non fa per me», ha detto al Wall Street Journal Andriy Kukhar uno dei nonni della guerra ucraina. Ha 46 anni e rappresenta un gruppo sempre più in crescita: circa due soldati al fronte su quattro hanno l’età per essere nonni. Con lui – continua il Wsj in un lungo reportage da Chasiv Yar, nell’est del Paese – c’è Mykola Voskres, che di anni ne ha 53 e a casa ha cinque nipoti. Ha lasciato il suo lavoro in Polonia ed è tornato in patria nel 2022: «Credo che ne valga la pena. I giovani devono pensare a costruire la loro vita e poi il futuro del Paese», sostiene Voskres. I due «nonni» sono i comandanti del piccolo gruppo che combatte in questa area dell’Ucraina nel tentativo di fermare l’invasione russa. Ma nonostante il loro aiuto sia indispensabile, gli Stati Uniti da tempo hanno consigliato a Kiev di abbassare l’età per arruolarsi, ma il governo si sta opponendo, temendo che inviare troppi giovani in guerra possa alterare l’equilibrio demografico. E c’è un motivo: la caduta dell’Unione sovietica negli anni ’90 ha fatto diminuire le nascite e ora l’Ucraina ha molti più maschi sopra i 40 anni di quelli tra i 18 e i 25. «Sono convinto che i giovani devono iniziare a sostituirci, nonostante sia importante proteggerli. Ma devono capire che non siamo d’acciaio», dice Kukhar che spiega anche come nonostante sia il capo sostiene di considerare i giovani che combattono con lui come fratelli. I calcoli però mostrano come nonostante tutti i maschi tra i 25 e i 69 anni possano essere arruolati, il gruppo più rappresentato è quello di militari tra i 40 e i 45 anni.
Tra i nonni al fronte c’è anche Mykola Yarko, che a 59 anni è il più anziano del suo plotone. «I miei tempi di reazione non sono più gli stessi ma tengo duro. Ho molta esperienza. Rispetto ai giovani siamo più stabili psicologicamente, loro tendono a esaurirsi più facilmente», continua Yarko, che ha un figlio di 29 anni e una figlia adolescente e viene comunque chiamato «did», nonostante non abbia ancora nipoti. «Mi sono arruolato volontariamente nell’esercito nel 2022. Non ho avuto alcun dubbio, sapendo chi sono i russi, che tipo di forza ci sta venendo contro e comprendendo che stanno arrivando per distruggerci. Ho fatto parte di unità d’assalto e della fanteria», dice al Wsj Viktor Bilous, 58 anni, che ora lavora nell’unità che gestisce i droni come autista.
SI FA QUEL CHE SI PUÒ
Molti «did» dopo aver avuto ruoli più attivi e in prima linea, vengono usati sui mezzi come carristi, evitando che svolgano compiti che richiedono un impegno fisico maggiore. Dopo essere stato sfiorato da una bomba, Bilous ha sviluppato diverse malattie tra cui l’ipertensione: «Non posso fare più di cento metri a piedi ora», ha detto mentre mostra una foto di suo nipote. Valentyn Ruzhitskiy invece ha 53 anni e si definisce vecchio: «Ho diverse malattie e credo che a breve dovrò ritirarmi, ma mia moglie mi incoraggia a restare. Dice che sono un ottimo autista e i militari hanno bisogno di me. E credo sia vero», afferma Ruzhitskiy dicendo di avere due nipoti molto piccoli che non ha ancora visto, essendo al fronte: «Ci credete? Non li ho ancora visti».