il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2025
Collettivi spiati: la smentita della Polizia irrita l’Interno
La vicenda degli agenti infiltrati nel movimento studentesco Cambiare Rotta e in altre organizzazioni universitarie vicine alla sinistra, ha creato un po’ di irritazione negli uffici del Viminale, in particolare per il modo in cui è stata gestita la comunicazione sulla vicenda. Inizialmente infatti la Polizia di Stato, seppur solo tramite “fonti qualificate”, ha negato la titolarità dell’operazione con la stampa e, secondo quanto risulta al Fatto, anche con alcuni dirigenti del Viminale. Poi però si è scoperto che si trattava di un’attività informativa della Direzione centrale della Polizia di prevenzione: notizia rivelata due giorni fa e finora mai smentita dal Dipartimento di sicurezza.
Ma procediamo con ordine. Era fine maggio scorso quando Giuliano Granato, portavoce di Potere al popolo, ha denunciato a Fanpage.it: “Siamo stati infiltrati e spiati dalla polizia per dieci mesi”. Granato ha raccontato di come avessero scoperto il reale lavoro di un giovane che frequentava alcune iniziative del partito: si trattava di un poliziotto pugliese che prima è stato assegnato alla Questura di Milano e poi era stato trasferito all’antiterrorismo. Quando Fanpage.it ha rivelato l’episodio “fonti qualificate” della polizia avevano assicurato ai giornalisti che non si trattava di una loro operazione e che probabilmente riguardava un’iniziativa personale del giovane poliziotto, che giustamente aveva tutto il diritto di frequentare il partito che voleva. Il 27 maggio anche l’Ansa batteva: “Fonti qualificate escludono che il poliziotto assiduo frequentatore delle iniziative di Potere al popolo a Napoli fosse un agente sotto copertura. Questo tipo di attività, fanno presente le stesse fonti, è disciplinata da una normativa che prevede il coinvolgimento dell’autorità giudiziaria. Cosa non avvenuta nel caso segnalato”. Ora si è scoperto che è stata la polizia politica ad aver monitorato per quasi un anno non direttamente il partito, ma il movimento studentesco Cambiare Rotta e il Cau (il Collettivo Autorganizzato Universitario) di Napoli. I poliziotti infiltrati (sono più di uno) sono incappati – occasionalmente, si fa sapere oggi – in riunioni interne di Potere al popolo. Si tratta di agenti infiltrati in diverse città (Milano, Bologna, Roma e Napoli) in un’attività informativa regolarmente disposta dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione.
Questa storia ora pone tre questioni di non poca importanza. La prima: seppure si tratta di un’operazione lecita, dove finisce la legittima attività di prevenzione e dove inizia il controllo politico, data la presenza (seppur casuale, la raccontano oggi) degli agenti alle riunioni di un partito? La seconda questione, invece, è quella che avrebbe principalmente irritato il Viminale: riguarda la gestione della vicenda una volta venuta allo scoperto. In particolare il fatto che qualificate fonti di polizia abbiano inizialmente smentito qualsiasi coinvolgimento con la stampa in primis, ma anche con il Viminale stesso che non sarebbe stato informato in precedenza dell’operazione. Un aspetto questo che ha creato qualche malcontento.
Infine c’è una terza questione che riguarda la modalità in cui è stata condotta l’attività informativa. Gli agenti infiltrati si sono presentati con la loro reale identità. Infatti per risalire all’attività lavorativa per i militanti di Potere al popolo è bastato digitare su Google e sui social nome e cognome degli agenti. Se tutti gli “infiltrati” agissero in questo modo le operazioni di polizia verrebbero scoperte in poco tempo. Inoltre il fallimento della “missione” avrebbe potuto mettere a rischio gli stessi agenti.
Ora Piantedosi con i suoi si è detto pronto a riferire alle Camere. Intanto è passato quasi un mese dall’interrogazione di Avs sul caso. Il governo non ha risposto. Proprio come ha fatto anche di fronte alle ripetute richieste delle opposizioni di chiarimenti su un altro caso altrettanto inquietante, quello del software spia della società israeliana Paragon ritrovato nel cellulare di alcuni giornalisti. Sembra quasi un metodo.