Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  giugno 29 Domenica calendario

Il Tribunale dei ministri contro Sangiuliano: “Processatelo per la chiave d’oro di Pompei”

Il Tribunale dei ministri ha chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere in giudizio per peculato nei confronti di Gennaro Sangiuliano: il caso è quello della ormai famigerata chiave d’oro ricevuta in dono dall’allora ministro della Cultura durante una cerimonia a Pompei. Di recente se ne era già occupato Palazzo Madama: il mese scorso l’aula del Senato aveva respinto a maggioranza l’autorizzazione con cui sempre il Tribunale dei ministri aveva chiesto di poter utilizzare le chat tra Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia, prima di decidere se archiviare o chiedere per lui il giudizio. Un diniego motivato con il fumus persecutionis: secondo il centrodestra l’intento dei magistrati era di acquisire le chat sequestrate in un altro procedimento (attivato su denuncia di Sangiuliano contro la sua “consulente mancata” Boccia) per poi usarle come elementi di prova contro di lui. Un “no” motivato anche da questioni procedurali: secondo il centrodestra, i magistrati avrebbero dovuto prima chiedere l’autorizzazione a procedere e solo poi, semmai, domandare di acquisire la corrispondenza telefonica. Detto, fatto: il 25 maggio hanno di nuovo bussato alla porta del Senato ritenendo di poter mandare a processo Sangiuliano, anche senza quei messaggi. Su questa ulteriore richiesta si dovrà esprimere in prima battuta la Giunta delle immunità a partire dal prossimo 1º luglio.
Sul monile di cui si sono perse le tracce, oltre al procedimento di Roma, avevano avviato un’indagine anche la Procura di Torre Annunciata e la Corte dei Conti. I fatti si riferiscono alla cerimonia avvenuta il 23 luglio 2024 a Pompei, quando il sindaco locale, a nome della città, aveva consegnato l’onorificenza a Sangiuliano accompagnato per l’occasione da Maria Rosaria Boccia (che dopo poco tempo avrebbe fatto scoppiare lo scandalo attorno al ministro della Cultura, costringendolo alle dimissioni). La chiave non era stata messa a disposizione del ministero benché di valore superiore al limite di 300 euro. Va detto che Sangiuliano ha sempre sostenuto di non essere a conoscenza del suo valore effettivo, circa 13 mila euro, e di averla comunque “ripagata” attraverso due bonifici, uno il 12 novembre 2024, l’altro il 27 gennaio 2025. Agli atti della giunta del Senato Sangiuliano “rappresentava peraltro di non avere il possesso del monile, essendo quest’ultimo nella disponibilità della dottoressa Boccia”.