Corriere della Sera, 29 giugno 2025
Come mangia (male) la Generazione Z
La Generazione Z è l’ultima del Novecento, non a caso il nome, che riprende l’ultima lettera dell’alfabeto, sembra segnare una soglia. Ne fanno parte i nati tra il 1997 e il 2012. È la prima a essere completamente nativa digitale: fin dall’infanzia, infatti, ha avuto accesso a smartphone, tablet, internet e social media. Oltre il 90% dei ragazzi tra i 12 e i 17 anni ha un profilo attivo, in particolare su piattaforme come WhatsApp e Instagram.
Negli ultimi anni, il crescente impatto della tecnologia nella vita quotidiana degli adolescenti ha spinto la comunità scientifica a indagare come influisca sul loro stato di salute, a partire dalle abitudini alimentari. «Diversi studi hanno mostrato che i ragazzi che trascorrono più tempo davanti agli schermi tendono ad avere una minore aderenza alla dieta mediterranea», spiega Marta Tristán Asensi, dietista e dottoranda del dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica all’Università di Firenze e membro del gruppo Giovani della Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu). «L’effetto è indiretto e legato a comportamenti modificati dall’uso dei dispositivi: mangiare davanti a uno schermo, spesso da soli, saltare la colazione, scegliere alimenti già pronti che sempre più spesso si ordinano online. Si perdono così elementi fondamentali della dieta mediterranea, come la regolarità dei pasti, la convivialità e il consumo di cibi freschi e di stagione. Inoltre, complice la globalizzazione, anche in Paesi come il nostro, culla della dieta mediterranea, sono diventati comuni prodotti molto lavorati o ultraprocessati ad alta densità calorica e basso valore nutrizionale. Questa transizione nutrizionale colpisce soprattutto i giovani, più esposti ai messaggi pubblicitari e meno coinvolti nella preparazione del cibo».
Vanno persi non solo il consumo di cibi freschi e di stagione a favore di quelli pronti, ma anche la regolarità dei pasti e la convivialità
L’uso intensivo della tecnologia influisce anche sull’attività fisica. «Diversi studi osservazionali mostrano che più tempo si passa davanti a uno schermo, meno se ne dedica al movimento», continua Tristán. «Al contrario, chi è più attivo tende anche a usare meno dispositivi, preferendo trascorrere più tempo all’aria aperta o in compagnia degli amici. Alla luce di questi dati, non sorprende che l’eccesso di tecnologia sia legato a un maggior rischio di sovrappeso e obesità. Una revisione sistematica di oltre 40 studi su più di 100 mila adolescenti ha rilevato un aumento del 27% del rischio tra i ragazzi più esposti agli schermi. Il problema non riguarda solo che cosa si mangia, ma anche il rapporto con il cibo e con il proprio corpo. La continua esposizione digitale può alterare la percezione corporea, generare ansia e favorire comportamenti alimentari disfunzionali».
«La tecnologia non va demonizzata ma bisogna favorirne un uso consapevole», conclude l’esperta. «L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di non superare le due ore al giorno di uso ricreativo degli schermi, quindi non includendo quello sfruttato in ambiente educativo e scolastico, evitando soprattutto l’uso serale che impatta sul ritmo circadiano e, quindi, sul sonno. Anche l’informazione di qualità, veicolata attraverso canali autorevoli e riconosciuti, può contribuire a orientare i più giovani verso scelte più consapevoli, critiche e basate su evidenze scientifiche. Infine, occorre impegnarsi, a partire dalla famiglia, a riscoprire la dieta mediterranea non solo come modello alimentare, ma come stile di vita fondato sulla condivisione dei pasti, sulla connessione sociale reale e su una relazione equilibrata con il cibo e il tempo».