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 2025  giugno 29 Domenica calendario

I Grandi trovano l’accordo sulla tassa minima globale, esenzioni per gli Stati Uniti

«Un compromesso onorevole perché ci evita le ritorsioni automatiche previste dalla sezione 899 del Big Beautiful Bill», la legge Finanziaria di Donald Trump in discussione in questi giorni al Senato, e che è stata cancellata. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, accoglie con favore l’accordo raggiunto nel G7 che esenta le imprese Usa dalla Global minimum Tax del 15%, mentre gli Usa rinunciano alla “Revenge Tax”, la vendetta fiscale, che avrebbe colpito con un’imposta del 20% i redditi dei cittadini e delle imprese di questi Paesi.
La scadenza del 9 luglio per trovare un’intesa sui dazi si avvicina, e l’intesa sulla tassa minima per le multinazionali potrebbe agevolare il negoziato, che ieri non ha registrato passi avanti. Il governo italiano, tuttavia, sembra disposto ad accettare il male minore. Tariffe unilaterali Usa sulle importazioni europee del 10%, ha detto ad esempio ieri il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, «non arrecherebbero danni al nostro sistema industriale».
Una tariffa unilaterale del 10% sulle importazioni Ue per l’Italia sarebbe sostenibile, anche se avrebbe un effetto non trascurabile. Per Bankitalia potrebbe ridurre un po’ la crescita del pil (un punto in due anni a livello globale) e secondo l’Ufficio di Bilancio colpirebbe soprattutto farmaceutica, industria estrattiva, meccanica, automotive e abbigliamento, con effetti negativi anche per l’occupazione. Eventuali ritorsioni europee sulle merci americane, secondo gli istituti di ricerca economica, creerebbero però danni ancora peggiori, all’economia europea e nazionale, e questa è la tesi che il governo italiano ha sempre sostenuto e continua a sostenere.
Il vero problema per l’esecutivo di Giorgia Meloni, oggi, è semmai la Web Tax, che colpisce i giganti Usa dei servizi online, e che Donald Trump ha messo nel mirino, adottata da noi e da solo pochi altri Paesi. La nostra tassa sui servizi digitali, a ben vedere, è del tutto identica a quella varata dal governo canadese che ieri ha fatto infuriare Trump. Un prelievo del 3% non sugli utili ma sul fatturato realizzato con i clienti italiani anche senza avere una sede fisica nel Paese. È un’imposta partorita in sede Ocse nel 2017-2018, più o meno insieme alla Global Minimum Tax che gli americani hanno appena smontato, e che solo pochi governi nel mondo hanno adottato: Regno Unito, Francia, Spagna, Canada e, appunto, l’Italia.
L’unica differenza è che la tassa canadese è retroattiva, perché pretende di essere applicata dal gennaio 2022. Quella italiana no, ma è comunque costosa Nel 2024 il gettito è stato di 455 milioni di euro, in crescita del 16% rispetto all’anno prima. E da quest’anno, con la legge di Bilancio, è stato eliminato anche il tetto dei 5,5 milioni di fatturato in Italia. Così il prelievo fiscale dal 2025 viene applicato a tutti gli operatori di servizi digitali che registrano un fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro. Tra i quali ovviamente, sono in prima linea, tutti i colossi americani del web.