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 2025  giugno 29 Domenica calendario

La foto con i nipoti e l’attacco alla Ue. Il premier in trincea

I bambini: «Pride» significa «orgoglio», e nel giorno del Pride che ha provato a vietare, ieri, il premier ungherese Viktor Orbán ha pubblicato una foto con tre dei sei nipotini, e la didascalia «Sono orgoglioso di loro».
Del resto, i bambini sono da sempre il simbolo, se non il pretesto, delle leggi con cui il premier perseguita la comunità Lgbtq+: è per «proteggerli dalla propaganda gay», per esempio, che la maggioranza di Viktor Orbán ha approvato in Parlamento ad aprile la legge che di fatto rende possibile vietare manifestazioni come il Pride, promettendo «conseguenze legali e multe» per chi partecipa, e una modifica alla Costituzione che permette persino di usare il riconoscimento facciale per identificare chi sfila in corteo.
Già nel 2021, del resto, era stata intitolata alla «protezione dell’infanzia» – rafforzando anche così il cliché discriminatorio che assimila l’omosessualità alla pedofilia – una contestata legge approvata dalla stessa maggioranza che vieta la rappresentazione e la promozione» di contenuti di «propaganda omosessuale». Dove? A scuola; al cinema e sui media; nei libri, nella pubblicità, ma soprattutto, persino, in famiglia. Da allora, su ogni contenuto che mostri coppie o famiglie non eterosessuali deve comparire ben chiaro un disclaimer, come sulle sigarette. Libri o film per bambini con contenuti simili sono stati praticamente messi al bando.
Sempre dai bambini «l’internazionale del gender deve tenere giù le mani, e il vento, con la nuova presidenza americana, è finalmente girato in nostro favore», ha detto Orbán in aprile quando la sua maggioranza ha modificato la Costituzione per precisare che i generi sono solo due, e assegnati alla nascita: maschio, o femmina (binaria, nell’emendamento di aprile, è anche la cittadinanza ungherese, che chi ha due nazionalità può perdere, e può succedere soprattutto agli oppositori, molti in esilio).
Alla vigilia del Pride «vietato», la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha ribadito il sostegno pieno ai manifestanti: «Voglio ripetere l’appello all’Ungheria affinché il Pride abbia luogo senza paura di sanzioni. Il diritto di riunirsi pacificamente deve essere garantito in tutti i Paesi membri. Penalizzare o imporre multe ai partecipanti sarebbe contrario ai valori in cui crediamo». La risposta del premier ungherese Orbán, arrivata via social, ha respinto l’appello definendolo una «interferenza» su un «affare interno». Von der Leyen, che aveva suggerito ai commissari di disertare la parata, ha poi invece dato il via libera.
Del resto, la Commissione europea ha già fatto causa all’Ungheria alla Corte di giustizia europea proprio per la legge a protezione dell’infanzia – che von der Leyen ha definito «vergognosa» – e a sostegno, nel 2023, si sono uniti 16 Stati membri (non l’Italia) e il Parlamento Ue; la sentenza è attesa in autunno.