Corriere della Sera, 29 giugno 2025
Da Milano a Bolzano, le parate del Pride. Il «caso» delle bandiere palestinesi
Per due città su sei è stata «una prima volta»: per Bolzano è stato il primo Pride nella storia dell’Alto Adige. Per Milano il primo senza i rappresentanti della comunità ebraica a sfilare in corteo. «Mi dispiace, li capisco», commenta il sindaco Beppe Sala: «Il rischio di antisemitismo in città c’è».
Per la prima volta gruppi ebraici non hanno partecipato al tradizionale corteo che si tiene ogni anno per le vie del centro di Milano. «Siamo 350 mila», hanno gridato gli organizzatori. Dietro la scelta della comunità ebraica, ci sono i termini utilizzati nel documento politico del Pride milanese in cui si parla di «genocidio documentato perpetrato dal governo israeliano in Palestina». «È una parola, “genocidio”, che notoriamente aizza l’antisemitismo che va a colpire tutti i cittadini italiani di religione ebraica», ha spiegato nei giorni scorsi il direttore del museo della Brigata ebraica, Davide Romano. Motivo per cui ieri la comunità non ha partecipato alla sfilata. Assente anche il gruppo Lgbtq+ ebraico Kesha Italia, dopo le contestazioni che ci sono state al Pride di Roma e Prato. «Capisco che c’è paura», dice Sala sottolineando però che è «un peccato enorme» l’assenza della comunità ebraica in piazza. «Il rischio di antisemitismi a Milano c’è», precisa il sindaco che se da una parte sostiene che il «governo Netanyahu sia una iattura», dall’altra ribadisce che «a Milano bisogna restare molto attenti». Il riferimento è agli ultimi casi di antisemitismo: in città nei giorni scorsi sono stati affissi i cartelli «Israeliani non siete i benvenuti». «Cartelli che alle 9.30 avevamo già tolto – precisa Sala—. Su questa tematica si stanno sprecando tante parole. Contano di più i fatti».
Le previsioni sono state centrate. «Certo, avrebbe stonato oggi vedere dei colori di Israele», ha confidato Enzo, 63 anni da Torino, mentre sventolava una bandiera della Palestina. Ma ha aggiunto: «Questa è una piazza per la pace». Camminava subito dietro il carro di Avs. Da dove ogni tanto un ragazzo si sporgeva mostrando un cartello: «No Pride in genocide». Le bandiere palestinesi spuntavano tra quelle arcobaleno e delle associazioni. Sparse tra il fiume umano, non raggruppate, quasi si perdevano. Michela, milanese di 36 anni, l’aveva legata a quella della comunità Lgbtq+. Un simbolo, offrendole assieme al vento. «Per me il Pride è militanza, impegno – ha spiegato —. Partecipo da 15 anni. Siamo qui per i diritti, degli uni e degli altri». Ha sfilato nella coda del corteo, dove dietro l’ultimo carro con musica tecno si erano radunati alcuni ragazzi con il petto pitturato coi colori della Palestina. È stato alle 18, dopo quasi due ore di marcia, che si è levato il coro «Palestina libera». La manifestazione milanese è arrivata a destinazione, all’Arco della Pace, tre ore dopo la partenza. Non ci sono stati momenti di tensione. Alcuni manifestanti hanno imbrattato Starbucks di vernice rossa.
Il tema della Palestina ha accomunato anche altre piazze italiane. «Da Gaza a Budapest a Bologna froc3 e trans coi popoli in rivolta», lo striscione che ha aperto il corteo a Bologna. Non sono mancate polemiche poi per il primo Pride nella storia dell’Alto Adige, bollato dal consigliere comunale FdI Diego Salvadori come «una manifestazione ideologica e provocatoria».