La Stampa, 28 giugno 2025
Maschi che odiano i romanzi
Gli uomini leggono sempre meno letteratura. È un dato comunemente assunto, talvolta rivendicato con un po’ di facilona fierezza (da parte delle donne, naturalmente) e facilmente esperibile entrando in una libreria, partecipando a una presentazione, a un festival, a un club di lettura: i maschi sono, quasi sempre, in evidente minoranza.
Al successo del romance, il genere letterario che negli ultimi anni riempie le classifiche (in Italia e non solo), è stato spesso imputato il progressivo distacco dei lettori (maschi) dalla letteratura di consumo contemporanea: perché mai un uomo dovrebbe leggere storie d’amore, ammodernati feuilleton, avventure erotiche e/o sentimentali le cui protagoniste sono sempre e solo donne?
Felicia Kingsley, scrittrice di romance, l’autrice italiana più letta nel 2023 e nel 2024, ha dichiarato in un’intervista: «Mi capita sempre più spesso che siano i mariti a consigliare i miei libri alle mogli». Può voler dire che ha anche lettori maschi, certo, ma può più verosimilmente dire che certi mariti regalano alle mogli i libri che credono che le mogli leggeranno, per un automatismo non dissimile da quello che per anni li ha spinti a regalare ferri da stiro e pentole a pressione alle loro sciagurate consorti (ma la faccio più semplice: quante volte regaliamo ad amici e parenti libri che crediamo ameranno perché sono best seller e non perché li abbiamo amati? E quante volte regaliamo libri perché presumiamo assomiglino ai destinatari? Abitiamo un tempo che cerca conferme, non scoperte).
Una cosa che gli accusatori del romance non sono stati capaci di spiegare è come mai un genere per loro così vacuo e frivolo, persino anti-letterario, non abbia un antagonista, un concorrente. Pertanto, nessuno collega la “femminilizzazione” della letteratura contemporanea, di cui il successo del romance è una parte e non per forza una causa, al progressivo disinteresse dei lettori e, più in generale, degli uomini per i romanzi: è assai più facile vituperare un successo e, anziché indagarne le ragioni, accusarlo di essere fagocitante.
Joseph Bernstein, in un articolo per il New York Times intitolato “Perché i lettori maschi di romanzi stanno scomparendo?”, scriveva alcuni giorni fa che «nelle librerie, l’architettura della scoperta dei libri è rivolta alle donne», perché tra le novità e tra i libri più amati dai clienti svettano romanzi rosa e «con copertine pastello», che i bookclub sono per la maggior parte rivolti a donne, che le celebrità che consigliano libri sono tutte donne che consigliano altre donne tranne Barack Obama, e così pure le booktoker.
Digressione: alcuni giorni fa, il Washington Post ha scritto che le booktoker da settimane insistono con il dire che il fidanzato ideale è il bookfriend: l’uomo che racchiude in sè le caratteristiche migliori dei protagonisti dei romanzi che più si amano.
Non eroi senza macchia e senza paura, belli impossibili irreali che morirebbero per la donna che amano ma compagni rispettosi che ti ascoltano quando parli e ai quali non hai bisogno di ricordare che devono andare a buttare la spazzatura e che sanno perfettamente dividere con te il carico mentale e il lavoro di cura necessari per tenere insieme una famiglia, una convivenza, una relazione tra uguali.
Da giorni, queste booktoker (influecer che si arrabbiano se le chiami influencer e che su TikTok parlano di libri e sono venerate dagli editori poiché eccellono in ciò che loro non sembrano più capaci di fare: mandare la gente in libreria a comprare dei libri) discutono di questi uomini ideali e li assemblano sulla base delle loro ultime letture: li vorrebbero un po’ Darcy di Orgoglio e Pregiudizio e un po’ Ivan di Intermezzo, oppure 100 per cento come Malakai di Honey&Spice di Bolu Babalola perché fa sorridere la protagonista e le dice «Quando sono con te, mi piaccio di più».
Significativamente, questi bookfriend sono figure d’invenzione e non uomini reali con i quali le ragazze condividono la passione della lettura, come Jess in Una mamma per amica, serie tv per millennial, e quindi ormai archeologia: le ragazze sanno che è più realistico incontrare un fidanzato immaginario che assomigli alle loro letture, che un fidanzato con cui condividere le loro letture. Fine digressione.
È affascinante come il disinteresse dei maschi per la letteratura, specie a quella contemporanea, sia, neanche troppo velatamente, ascritto allo scadimento della letteratura, a sua volta ascritto alla “femminilizzazione”: quando, fino a non molto tempo fa, i libri in classifica erano di scrittori maschi, e i lettori erano soprattutto maschi, nessuno faceva della lettura e della non lettura una questione di genere. E nessuno accusava la narrativa di parlare di problemi e mondi vicini solo all’universo maschile.
L’articolo del New York Times riporta svariati tentativi di riequilibrare i generi dei lettori: nascono bookclub di filantropi che ricordano ai convenuti cos’è un romanzo e in cosa differisce da un saggio, e che insegnano loro che non c’è niente di cui vergognarsi nel trascorrere il proprio tempo libero leggendo narrativa. Non tutti questi filantropi sottolineano che alla letteratura non si guarda nelle mutandine, ma tutti cercano di dare alla lettura la “coolness” che le è propria. Su Instagram, l’account Hot Dudes Reading ha 1,2 milioni di seguaci, e quasi ogni giorno pubblica foto di fascinosi maschi che leggono per strada, in metro, al bar.
Alcuni mesi fa, è stata fondata in Inghilterra una casa editrice che si è posta l’obiettivo di pubblicare solo libri di autori maschi, tre all’anno. L’editore ha detto al Guardian: «Questa generazione di giovani autrici capitanata da Sally Rooney ha inaugurato una rinascita della narrativa letteraria femminile, dando origine a una situazione in cui le storie di nuovi autori uomini vengono spesso trascurate, con la percezione che la voce maschile sia problematica».
Sally Rooney, in verità, non scrive di donne. Ma vedremo. Magari è solo rappresentanza: magari è vero che i maschi vogliono stare dove tutto è maschile anche quando si tratta di letteratura.
Di sicuro, il disinteresse maschile per la letteratura è il convitato di pietra nell’animato ma inconcludente dibattito sull’educazione sentimentale: se le materie “umanistiche” sono ancora percepite, come molti sturi rilevano, dai ragazzi come discipline femminili e, di più, inutili, infruttuose perché dedite a espressione e comunicazione, che speranze ci sono che quella educazione attecchisca? Il primo problema da porci non è come mai la letteratura non parla ai maschi, ma come mai maschi non vogliono più parlare.