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 2025  giugno 27 Venerdì calendario

Luca Carboni: «Durante la chemioterapia ho pensato per la prima volta alla morte ma sono religioso da sempre, a Lucio Dalla lasciai dei testi in osteria e iniziò la mia carriera»

Luca Carboni,in dialogo con don Massimo Vacchetti a Villa Pallavicini a Bologna mercoledì 25 giugno sul palco di LIBeRI: novanta minuti di ricordi, riflessioni, aneddoti, ricerca della felicità, la fede al centro di tutto.
Il cantante, fine paroliere, dispensa tutto con la consueta pacatezza. Qui sotto forma di rap, non il suo genere, o pennellate, più vicine a lui vista la passione per la pittura, di cui non si parlerà. «Dopo quarant’anni di musica, non c’è una canzone che rappresenta tutto: vale l’insieme a definirti. Ora però direi Primavera, canzone sulla rinascita e la riscoperta delle cose: il momento che sto vivendo adesso».
Frontman per caso. «Ho sempre preferito stare nell’angolo, non protagonista, non cercavo il successo, ma la felicità». Poi Bologna e il Bologna. «La nostra città è un’opportunità. Ombelico d’Italia e degli studenti, ci si incontra ancora facilmente. Noi cinque figli, ma papà non ci portava allo stadio. Giocavo in cortile con le scarpe con i tacchetti, che indossavo anche da chierichetto. Beppe Savoldi il mio idolo. Ritagliavo le foto sul giornale, poi componevo il mio diario-album. Con Maifredi e Corioni («voi artisti stateci vicino») nacque un’amicizia e poi l’inno con Mingardi, Dalla e Morandi che ancora oggi a sentirlo mi emoziona. “Di professione scettici” è la prima strofa toccata a me».
Ma c’è stato spazio anche per la Fortitudo e il basket che, sponda Virtus, l’ha portato a Lucio Dalla. «Lui era con Ron, nell’intervallo al bar mi feci avanti con Rosalino… ma la svolta avvenne da Vito quando lasciai dei pizzini – non cassette, ma testi – che folgorarono Lucio. Il giorno dopo ero a lavorare in studio con lui e gli Stadio». La voce uscì per caso. «Il cantante del mio gruppo era Nicola Lenzi, ma non convinceva. Un giorno Gaetano Curreri mi registrò di nascosto mentre interpretavo i miei testi (scrivevo per loro), Lucio mi sentì e mi disse “sei un cantante”. Oggi con la tecnologia un musicista può fare tutto da solo, ai nostri tempi si doveva stare insieme, condividere. Sono cambiati i tempi».
La malattia e il viaggiare. «Ricoverato in urgenza con chemioterapia massiccia, per la prima volta ho pensato alla morte. Ho sentito l’esigenza di camminare, senza affanni. Ho camminato tanto in Appennino, sempre guardando San Luca: pregavo guardando il Santuario. La mia chiesa ideale è quando ti arriva l’illuminazione della magia dei posti, dalla natura. Il mare è la mia cattedrale, lì riesco a pregare. Ho anche una guida contemplativa, creo delle file, mi suonano il clacson». 
Poi Gesù. «C’è sempre stato in famiglia, temevo venisse a parlarmi. Tutti religiosissimi con tanto di rosario e mamma catechista. Ero geloso dei suoi tanti allievi, la sua condivisione mi dava fastidio. Nonna mi raccontò di aver visto il diavolo, poi ho scoperto il Vangelo, a 12 anni feci un ritiro spirituale di due settimane a Dobbiaco. La chiesa l’ho sempre cercata e avuta dentro».
Ventenne negli anni 80, Luca non visse però solo di altare. Un fisico bestiale. «Scritta ascoltando alla radio Inter -Bologna, con i rossoblù che stavano perdendo. La palestra andava di moda. È una metafora: resistere a tutti gli urti della vita. Palestra e lavoro per restare in equilibrio». 
Lo stile, «volevo uscire dai grandi temi cantautoriali, ideologie e massimi sistemi, niente cattedra: scrivevo partendo da una cosa piccola». Folgorato dalla messa beat, sentita alla Regina Mundi in costruzione, in un prefabbricato. 
«Mi colpì. Fu uno dei cambiamenti della liturgia (cita il Concilio Vaticano II) che conquistò noi giovani». Il sogno da piccolo di fare il benzinaio e ora un duetto con il figlio di Claudio Chieffo (compositore di canzoni d’ispirazione cristiana) con un cd e il ricavato in beneficenza. Sipario su Io non sono degno cantata da Martino Chieffo e Luca, che in autunno tornerà in concerto a sei anni dall’ultimo live (unica data al Forum di Assago a Milano l’11 novembre, «Rio Ari O live», riprendendo il titolo della sua mostra bolognese dello scorso anno), che resta religiosamente in disparte.