repubblica.it, 25 giugno 2025
Salvini: “Rivedere reato di tortura”. Replica l’opposizione: “Parole gravi, si occupi di trasporti”
"La polizia penitenziaria è poco presente su giornali e quando c’è viene attaccata perché ’aguzzini e torturatori’”. È un mestiere “prezioso in condizioni delicatissime, lavoratori che sono dentro per missione e vocazione”. Lo ha detto il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini in una conferenza del partito a tema.
Serve “rivedere, circoscrivere e precisare reato di tortura”, ha aggiunto Salvini, ed è “una cosa da fare e chi se non la Lega può farlo”.
Secondo il vicepremier, “il decreto sicurezza non è un punto di arrivo ma una tappa, non chiude il tema sicurezza, soprattutto nelle carceri”. Bisogna “permettere alla penitenziaria di fare il suo lavoro”, ha affermato. Alla domanda come si intende modificare il reato di tortura, durante la conferenza della Lega, ha risposto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari: “Non abbiamo ancora un testo definito, coinvolgeremo le parti interessate, polizia penitenziaria in primis”.
Tra i primi a replicare a Salvini è la senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi: “Giù le mani dal reato di tortura. Il ministro Salvini dovrebbe occuparsi di trasporti e non di altro. Vorrei fargli presente che non sono tutti gli agenti ad essere etichettati come ’torturatori’, ma solo quelli perseguiti penalmente per questo reato, sul quale non permetteremo che vengano messe le mani per pura propaganda politica. Il mio pensiero va a tutte le vittime di tortura, a partire da quelli della mattanza nell’istituto di Santa Maria Capua Vetere, e la mia solidarietà va anche ai magistrati che con la schiena dritta non si fanno intimidire”.
La dem Michela Di Biase afferma: “Il ministro Salvini invece di assumersi le sue responsabilità sui disservizi nei trasporti pubblici preferisce occuparsi del reato di tortura, proponendo di rivederlo e circoscriverlo. Un’uscita grave, inaccettabile, che getta un’ombra inquietante sulla volontà della destra di depotenziare una norma di civiltà, introdotta per tutelare la dignità delle persone nei luoghi di detenzione”.