la Repubblica, 26 giugno 2025
Miserabili ma sublimi, quando Victor Hugo disegnò i suoi incubi
Che ci fa qui Victor Hugo? Siamo alla Royal Academy di Londra, a pochi metri da Piccadilly Circus. E per la prima volta assistiamo a una nuova vita del già leggendario scrittore, poeta, drammaturgo, saggista e pure senatore francese. Che al suo funerale, a Parigi nel 1885 – dopo la morte a 83 anni – salutarono in addirittura due milioni di persone in lutto e lacrime, accompagnando il feretro dall’Arco di Trionfo fino alla tomba nel Panthéon.
A quasi un secolo e mezzo da quel lungo e indimenticabile addio, Hugo è ancora uno scrittore monumentale: Les Misérables, visto da più di 130 milioni di persone in 53 nazioni del mondo e 22 lingue diverse, è anche lo spettacolo teatrale più longevo nel West End di Londra, con oltre 15mila performance. E anche chi non lo ha mai letto, non può non conoscere Quasimodo del Gobbo di Notre Dame o Jean Valjean e l’ispettore Javert. Ora però una mostra alla Royal Academy ha il pregio di svelarci un suo lato nascosto, o comunque meno conosciuto: quello di Hugo disegnatore e artista.
La rassegna presenta oltre 70 opere (su 4mila oggi conosciute di questa sorta) arrivate dalla casa museo Maison Victor Hugo di Place des Vosges, dalla Hauteville House di Guernsey, dalla Bibliothèque nationale de France e da collezioni private britanniche. Opere in alcuni casi davvero minuscole come The Abandoned Park, che misura 4 centimetri per 3, altre enormi, altre di dimensioni più standard, e comunque tutte straordinarie. Non a caso, la mostra è intitolata Astonishing Things, cose stupefacenti: un titolo che cita la reazione di Vincent van Gogh, ammiratore di Hugo, quando ebbe l’occasione di dare un’occhiata a questi lavori. Che però sono anche segreti, e difatti pochissimi sono stati esposti quando lo scrittore era ancora in vita.
Perché Hugo non voleva renderli noti, o almeno così aveva detto a Juliette Drouet, sua storica amante per mezzo secolo: «Anche se mostrate una volta, dovranno restare nel buio per molti anni», era il suo diktat, anche perché questi materiali e gli inchiostri sono estremamente sensibili alla luce. E Juliette rispondeva in una missiva: «Mentre aspetto che tu torni da me, ammiro i tuoi bellissimi disegni, a occhi e bocca aperti, anzi spalancati come Porte Saint-Denis».
Eppure Hugo non aspirava a essere un artista e nemmeno illustrare le sue opere. Anzi, chiedeva ad altri di farlo, a differenza per esempio di William Thackeray, che illustrò il suo celebre La fiera delle vanità. Per Hugo, questi fenomenali schizzi e disegni erano invece una fuga dalla realtà, e talvolta uno sfogo più o meno esplicito.
Lo scrittore francese inizia a tratteggiare paesaggi e castelli medievali dopo aver compiuto trent’anni, in un viaggio in Renania insieme a Drouet e lontano dalla moglie Adèle Foucher.
La morte a 19 anni della figlia Léopoldine, nel 1843 in un incidente in barca quando era incinta, scava per lui l’abisso e una lunga depressione. Per un bel po’ smette di scrivere e viaggiare e si dedica a disegnare a casa dell’amante. A Vianden, nell’attuale Lussemburgo dove oggi c’è un museo dedicato a Hugo, un castello lo ammaliò così profondamente che visse lì per tre mesi per poi riprodurlo in questi suoi fantasmagorici disegni come «un film horror degli Anni Trenta, tra Dracula e Kafka», nota il quotidiano Guardian nella recensione a questa mostra.
Le opere sono a carboncino, inchiostro, grafite e sono soprattutto mitologiche, devianti, come il fungo gigante con stelo umano, realizzato nel 1850 quando Napoleone III fa esiliare l’oppositore Hugo sull’isola di Guernesey, dove resterà per circa un ventennio, a Hauteville House. È il lato oscuro dell’esistenza che lo scrittore scandaglia e sviscera, tra incubi e terrore. Disegni tentacolari come il polpo killer che per una volta illustrò una sua opera, I lavoratori del mare. Tenebrosi come Lace and Spectres, inquietanti come Il faro a Casquets, rocciosi come Causeway. Composizioni che sembrano talvolta persino anticipare i “doodle” della pagina iniziale di Google o riprodurre immagini mentali come un test di Rorschach.
Oppure ci sono lavori politici contro il presidente e poi imperatore Napoleone III, vedi l’impiccato incappucciato di Ecce Lex (1854), un urlo politico contro la pena capitale già esecrata dallo scrittore in L’ultimo giorno di un condannato a morte del 1829, in questo caso contro l’esecuzione dell’assassino John Tapner. L’impatto di Hugo fu ancora una volta così possente che, da allora, la pena di morte praticamente scomparve dall’isola.
Subito dopo la sua morte e i colossali funerali, ci fu una vera e propria mostra con i suoi disegni: «Da quell’occasione in poi», spiega Sarah Lea curatrice della rassegna della Royal Academy, «i poeti simbolisti, e gli artisti associati a loro, diventarono sempre più interessati agli aspetti più poetici e mistici dei disegni di Hugo. E successivamente fece lo stesso anche la generazione surrealista: Breton possedeva due disegni di Hugo, Max Ernst sperimentò le tecniche del francese. E pure oggi ci sono artisti suoi fan, come Antony Gormley e Tacita Dean che apprezzano l’approccio istintivo e intuitivo di Hugo». Perché, come diceva un’altra scrittrice, la francese Colette, «non c’è differenza tra la parola e l’immagine. Per mezzo secolo ho scritto in nero su bianco, e ora per circa dieci anni ho scritto a colori sulle tele».