repubblica.it, 26 giugno 2025
Maschio, under 13 e straniero: l’identikit della vittima dei bulli. Uno su cinque diventa bersaglio
Insulti, offese, minacce, pestaggi, emarginazione, revenge porn, body shaming. Tutte forme fisiche o verbali, dirette o indirette, di bullismo e cyberbullismo. Ma quanti sono in Italia i ragazzi che ne sono vittime? Secondo l’Istat, che ha raccolto e analizzato i dati del 2023 su un campione di 39.214 giovani tra gli 11 e i 19 anni, un ragazzo su cinque ha subito atti di bullismo continuati nel tempo.
Nel report “Bullismo e cyberbullismo nei rapporti tra i ragazzi”, presentato oggi a Palazzo Chigi, il 68,5% dei ragazzi dichiara di essere rimasto vittima di almeno un comportamento offensivo non rispettoso o violento, online o offline, nei 12 mesi precedenti la rilevazione. Il 21% di aver vissuto tali comportamenti in maniera continuativa (più volte al mese), 1’8% più volte a settimana.
C’è un divario per classe di età e per genere. I più piccoli, i giovanissimi, ragazzini delle scuole medie tra 11 e 13 anni sono i bersagli principali dei bulli rispetto ai ragazzi di 14-19 anni (23,7% contro 19,8%). E sono i maschi le vittime principali (21,5% contro 20,5%).
C’è anche una differenza geografia forse inattesa. Il 71% dei ragazzi 11-19enni del Nord-Ovest dichiara di aver subito, nel corso del 2023, comportamenti offensivi, non rispettosi e/o violenti contro il 66,5% riscontrabile tra chi risiede nel Mezzogiorno. Nel nord gli episodi di bullismo subiti con continuità sono più frequenti: 22,1% tra i ragazzi del nord-est e 21,6% tra quelli del nord-ovest contro il 20% nel Mezzogiorno.
Si tratta di dati estrapolati dai loro racconti, dalle loro denunce e dunque potrebbe esserci una tendenza in alcune regioni a sottostimare e riportare meno atteggiamenti che rientrano sotto al grande tragico cappello del bullismo, contesti dove la paura di segnalare episodi di bullismo è ancora alta.
Per Eugenia Roccella, ministra della Famiglia, invece la spiegazione sta nel fatto che al Sud “resistono le reti parentali che sono reti educativa e comunità educanti”. Cioè: “Il giovane si trova a confronto non soltanto col gruppo dei pari esterno, che quindi non ha una tendenza alla protezione, ma col gruppo dei pari interno, cioè all’interno della rete parentale, quindi con i fratelli, i maggiori, i cugini che sono in grado di essere il primo momento di confronto senza però quella durezza che c’è quando si esce nel mare aperto dei rapporti e poi anche proprio come protezione”.
Ancora dal report: per i maschi, il bullismo si manifesta soprattutto attraverso offese e insulti (16% rispetto al 12,3% delle femmine), mentre l’impatto dell’esclusione per le ragazze è superiore al 12% (contro l’8,5% riscontrato tra i maschi).
Tra le vittime privilegiate dai bulli ci sono senza dubbi gli stranieri e tra loro in particolare ucraini e romeni: il 26,8% dei ragazzi non italiani dichiara di avere subito, nel 2023, comportamenti offensivi, non rispettosi e/o violenti con una cadenza più che mensile, contro il 20,4% riscontrato tra i coetanei italiani.
Per quanto riguarda il cyberbullismo, il 34% dei giovani tra gli 11 e i 19 anni ha subito comportamenti vessatori online almeno una volta nel corso dei 12 mesi precedenti la rilevazione, il 7,8% ne è rimasto vittima più volte al mese.
Se la ministra Roccella ha ricordato il via liberaMasc arrivato ieri dalla Camera alla proposta di legge sul body shaming che istituisce per il 16 maggio una Giornata nazionale e ha rilanciato il progetto dei nuovi centri per la famiglia, una sorta di Caf di informazioni e servizi, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha rivendicato allora le nuova linee guida sull’educazione civica importante al rispetto, parola-chiave finita pure nei temi della maturità, i nuovi programmi scolastici che verranno approvati in via definitiva a giorni, l’educazione alle relazioni avviata nella quasi totalità dell’87% di scuole che ha risposto all’appello del dicastero di viale Trastevere, il ritorno del voto in condotta con un peso specifico tutt’altro che indifferente, le attività di cittadinanza solidale al posto delle sospensioni, lo stop ai cellulari in classe “che stimolano l’aggressività” e la proposta di legge che giace in Parlamento per vietare i social agli under 15.
«Il fenomeno però è in aumento», ricorda il presidente Istat, Francesco Maria Chelli, «e va studiato con continuità. Per questo è importante il decreto legislativo uscito da pochi giorni, che incarica e affida all’Istat il compito di monitorarlo, studiarlo, approfondirlo, valutarlo e rivelarlo».