il Fatto Quotidiano, 26 giugno 2025
Edwige Fenech: “Alvaro Vitali era diverso dal suo personaggio, quasi timido”
Mi ha chiamata Sergio Martino (storico regista) per darmi la brutta notizia della morte di Alvaro. Sono rimasta stupita, addolorata, senza parole.
Colleghi e amici da una vita.
Almeno da cinquant’anni, anche se non ci sentivano da molto tempo; (silenzio) era una persona fantastica, buona, diversa da come appariva nei film.
(Edwige Fenech vive all’estero, lontano, in Portogallo. Ma i chilometri maggiori sono quelli che ha piazzato rispetto agli anni Settanta, alle “infermiere”, le “liceali”, le “pretore”. Senza rinnegarli. Ma solo come manifestazione di una stagione che fu. Così non sa neanche delle ultime vicissitudini di Alvaro Vitali, della sua situazione professionale e privata; né delle polemiche nate per la partecipazione della moglie, Stefania Corona, in una trasmissione della Rai, poco prima della morte del marito. I video della trasmissione sono stati rimossi…)
Con Alvaro Vitali ha girato almeno cinque film degli anni Settanta.
(Resta in silenzio) Davvero così tanti?
Eh, sì.
In alcuni appare il mio nome, eppure non ci sono.
Ne L’insegnante ci siete.
È vero, ed è stato un grande successo, uno dei più grandi del genere.
Continuiamo l’elenco: La poliziotta fa carriera.
(Sorride) Confermo anche questo.
Insomma, Alvaro Vitali.
Era una persona discreta, direi abbastanza timida…
Era lei a intimorirlo?
Può essere, anche se spero di no.
Terzo: L’insegnante va in collegio.
Questo lo ricordo meno; comunque di Alvaro ho sensazioni carine, ogni tanto mi stupiva la differenza tra l’immagine pubblica e quella reale.
Così distanti?
Abbastanza; poi con gli altri della troupe rideva, scherzava, mentre con me manteneva un atteggiamento delicato.
Parlava del suo rapporto con Fellini?
No…
Spesso ha dichiarato di sentirsi un attore inespresso.
Questa sensazione ci accomunava un po’ tutti: avevamo il complesso di essere dei professionisti utilizzati sempre nello stesso modo, sempre per lo stesso ruolo.
Delle maschere.
Cambiava il set, non la trama.
L’insegnante viene a casa.
C’era pure Renzo Montagnani, attore di grande talento.
In questo film c’è una scena finale nella quale lei ripete dei “no” decisi, il lui insiste con violenza, fino a quando il “no” diventa “sì”.
Era la mentalità del tempo, dove al maschio alfa era tutto permesso.
Tutto…
Le ragazze della mia generazione sono state costrette a utilizzare mani e piedi per difendersi. E il cinema rifletteva la realtà della vita; (cambia tono) anche se le commedie, a volte, prendevano in giro questi maschi accalorati.
Si è difesa, spesso?
Ho assestato tanti pugni e calci; altre ragazze non ci sono riuscite, con situazioni brutte che non venivano raccontate.
Alvaro Vitali.
Era parte della famiglia da set.
Cioè?
Vivevamo insieme per tre o quattro settimane, lavoravamo con dei tempi folli, anche quindici o sedici ore al giorno, poi ognuno tornava dalle rispettive famiglie.
I diritti erano lontani.
Lontanissimi, per questo tra noi attori c’era solidarietà. E poi eravamo quasi sempre gli stessi, con Alvaro o Lino Banfi.
Altro film insieme, il quinto: La poliziotta della squadra del buon costume.
Ne ho un ricordo molto carino: di solito le scene divertenti erano tutte per gli uomini, a noi solo dei ruoli sexy; in questo caso le risate le strappava la “poliziotta” che dava cazzotti a tutti. C’è stato un seguito: La poliziotta a New Yorkdel 1981.
Esatto…
(Ci pensa, a lungo, ma sorride) Non ne parlo mai di quel periodo.
E siamo a cinque film.
Sono troppo dispiaciuta per Alvaro, abbiamo passato insieme anni belli.
Nonostante i successi, non aveva una grande pensione, era in difficoltà.
È un problema che riguarda molti attori di quelle stagioni: tanti diritti non sono mai stati calcolati, e quelli sui passaggi televisivi sono irrisori. Il nostro lavoro non è stato valorizzato. Mi dispiace che Alvaro sia finito così.