ilmessaggero.it, 26 giugno 2025
Riccardo Cocciante: «Facevo il cameriere in un hotel, mi licenziarono per i miei capelli ricci. I giovani? Non fanno gavetta, è tutto montato»
Riccardo Cocciante non è mai passato di moda. Si sente sempre attuale. Anche ora a 50 anni dal suo album Anima, a quasi 80 anni di età. «Io non sono mai stato di moda – racconta in un’intervista al settimanale Gente – né ho mai voluto esserlo. Inserirsi in una moda vuol dire appartenere a un tempo predeterminato. Passata la moda, passi anche tu. E soffri. Avere successo fuori moda invece paga, anche se è più difficile».
Guardando gli altri, i giovani, Riccardo Cocciante ha le idee molto chiare: «Oggi i giovani artisti non fanno gavetta. Dopo il successo di uno o due singoli fanno già gli stadi senza avere esperienza, senza essere abituati a quel carico emotivo. In questi spettacoli negli stadi non c’è nulla di spontaneo, è tutto montato. Se poi fallisci un singolo, cadi nel dimenticatoio e vieni sostituito da un’altra meteora musicale». Ma questo è un altro discorso. A Gente apre il suo libro dei ricordi. Si comincia dall’inizio, naturalmente.
L’arrivo in Italia
Ricorda di essere arrivato in Italia da Saigon dove è nato, passando per la Francia, a 11 anni. Destinazione: Rocca di Mezzo, in provincia de L’Aquila, suo paese d’origine. Un viaggio in macchina. «Ho ricordi di tutti noi in automobile ammucchiati e un po’ sudati. Eravamo in otto. Papà, mamma, mia zia, sua figlia, noi quattro fratelli Cocciante più i bagagli. All’epoca si faceva così. Ci si pigiava dentro l’abitacolo e si percorrevano le strade normali, perché le autostrade ancora non c’erano». Ha avuto fortuna.
Poi papà è ripartito per Roma e «mamma si è ritrovata sola con quattro figli in un paese che non era il suo senza parlare una parola d’italiano». Nemmeno lui conosceva una sola parola di italiano. «Infatti ci prendevano in giro – racconta ancora al settimanale diretto da Umberto Brindani – Ci additavano gridando: “I francesi!”. Adattarsi non è stato facile». E in più, «una volta a scuola, non sapevo giocare a calcio perché in Vietnam non esisteva. Ero palesemente una schiappa».
Il cameriere in un hotelMeglio la musica e i suoi capelli ricci che non ha sempre amato. «Non mi piacevano perché erano ricci, mentre i veri rocker li avevano lisci. Ho provato a lisciarli, con risultati inguardabili. Poi ho iniziato a fregarmene e li ho lasciati così. Sono stati anche il motivo per cui oggi non lavoro nel settore alberghiero ma sono un musicista».
Forse in pochi sanno che Riccardo ha studiato all’istituto alberghiero e «fui spedito in Svizzera, a Interlaken, per il tirocinio come cameriere in un grande hotel. (...) Ero bravo, mi promossero segretario alla reception. Un giorno, il capo del ricevimento mi chiamò e mi disse: “Cocciante, lei lavora benissimo. Ma con questi capelli non si può proprio andare avanti. O se li taglia o è licenziato”». Prese la liquidazione e se ne andò. «Mi diedi un anno di tempo per fare della musica la mia professione. Se non fossi riuscito, sarei tornato negli alberghi».
La musica
Con i primi soldi «mi sono messo a posto. Ho aperto un conto in banca, ho comprato una macchina discreta, un pianoforte. E ho cercato di fare musica bella come quella fatta dai miei idoli di sempre, Mina e Lucio Battisti».
Parla di Mina, di questione di feeling, di un successo. Oggi gli paice «Irama, bellissima voce. I Måneskin, nuovi rispetto a quello che c’era in giro. E Mahmood, che fa una musica non del tutto italiana. È una mescolanza interessante. Anche io sono una mescolanza, italiana e francese».