lastampa.it, 25 giugno 2025
La guerra delle spie: la Cia recluta 007 in Cina, Pechino se ne accorge sui social
Dopo i dazi, tra Cina e Stati Uniti esplode anche la guerra delle spie. Pechino ha denunciato pubblicamente la CIA (Central Intelligence Agency) americana per aver tentato, in maniera definita “assurda”, di reclutare cittadini cinesi tramite video pubblicati sui social media. Secondo il potente ministero della Sicurezza di Stato cinese (che ha poteri di intelligence), questi video – diffusi principalmente sulla piattaforma X (ex Twitter) – avrebbero rappresentato un chiaro invito a tradire il proprio Paese per conto dell’intelligence statunitense. Il MSS ha definito gli annunci video come una “mossa dilettantistica”, colma di “retorica goffa e affermazioni diffamatorie”.
Il ministero ha accusato apertamente Washington di essersi ridicolizzata a livello internazionale, mettendo in evidenza – a loro dire – l’incompetenza dell’agenzia di intelligence più famosa al mondo. Non si è fatta attendere la promessa di una risposta ferma: «La Cina proteggerà con determinazione i suoi segreti strategici fondamentali”. Il messaggio è stato accompagnato da un monito diretto alla CIA: ogni tentativo di istigare al tradimento sarà vano. Il tono è stato inequivocabile: “Qualsiasi complotto per infiltrarsi in Cina a scopo di intelligence si rivelerà inutile».
A marzo, la CIA ha pubblicato due video in lingua mandarino rivolti esplicitamente a funzionari cinesi. Nei filmati, girati con taglio cinematografico, personaggi chiaramente identificabili come membri disillusi del Partito Comunista cinese raccontano il proprio dissenso e dichiarano di voler contattare la CIA per una nuova vita. I video, arricchiti da simboli del potere e del benessere come grattacieli e auto di lusso, sono terminati con il sigillo ufficiale dell’agenzia americana, seguito da istruzioni per contattare l’intelligence in sicurezza.
Il direttore della CIA John Ratcliffe, figura nota per la sua linea dura contro Pechino, ha dichiarato che tali video sono parte di un’iniziativa volta a «reclutare funzionari cinesi per aiutare gli Stati Uniti nella difesa dei valori democratici». La risposta dell’opinione pubblica cinese non si è fatta attendere. Su Weibo, l’equivalente locale di X, l’argomento è diventato virale tra meme, sarcasmo e indignazione. «Potremmo mettere insieme un gruppo per truffare la CIA e fare qualche soldo», ha ironizzato un utente. Tuttavia, l’atteggiamento satirico si affianca a un nazionalismo sempre più vigile, alimentato da una narrativa che considera gli Stati Uniti un nemico determinato a sabotare la stabilità interna del Paese.
Non è certo la prima volta che i due colossi mondiali si accusano di operazioni di spionaggio. Già nel 2021, il quotidiano dell’Esercito Popolare di Liberazione aveva invocato una “guerra del popolo” contro l’intelligence americana, e nel 2018 un ex agente della CIA, Jerry Chun Shing Lee, fu condannato per aver passato informazioni sensibili alla Cina. Tra il 2010 e il 2012, Pechino aveva smantellato una vasta rete della CIA sul proprio territorio, con almeno 20 informatori arrestati o giustiziati. Un colpo durissimo per l’intelligence statunitense, che da allora fatica a ricostruire una rete affidabile nel Paese.
L’attuale ecosistema di sorveglianza cinese, alimentato da tecnologie di riconoscimento facciale, big data e controllo totale del web, rende estremamente difficile per qualunque potenziale spia agire senza essere scoperta. Pechino ha investito miliardi in sicurezza interna e nello sviluppo di una capacità di controspionaggio tra le più sofisticate al mondo. Nel frattempo, l’ambiente politico interno cinese è segnato da purghe e scandali. Rimozioni di alti funzionari, come il ministro della Difesa Li Shangfu o alcuni alti ufficiali dell’esercito – come Miao Hua e (probabilmente) He Weidong, fedelissimi di Xi – sono stati interpretati da alcuni analisti come segnali di instabilità o di lotte interne al potere. La CIA, secondo alcuni osservatori, avrebbe cercato di approfittare di questo clima incerto per avvicinare figure scontente o emarginate. Ma la Cina ci tiene a dire, e con ogni probabilità a dimostrare, che non è così.