lastampa.it, 25 giugno 2025
Deposito scorie nucleari, l’aut aut del governo
Sostiene il ministro dell’Ambiente che non si può far finta che il problema non esista, perché di scorie nucleari (tra l’altro sparse in tantissimi siti) in giro per l’Italia ce ne sono non poche. Gilberto Pichetto Fratin in audizione davanti alla Commissione Ambiente della Camera annuncia che l’iter per autorizzare il nuovo deposito di scorie nucleari a bassa e media intensità si concluderà nel 2029 e l’impianto entrerà in esercizio 10 anni avendo ben chiaro che «questi temi animano i territori, le comunità locali che avvertono un senso di minaccia derivante dalle scorie nucleari o l’installazione, avvertita come selvaggia, di impianti a fonti rinnovabili. Credo che il nostro compito sia quello di avere, per poi divulgare, un quadro chiaro dello status quo e anche di dove si voglia andare – ha poi aggiunto il ministro -. Anche perché i territori hanno bisogno di voci autorevoli che plachino, o quanto meno, riportino nei giusti binari le legittime preoccupazioni derivanti da un effetto Nimby particolarmente evidente su queste tematiche».
Avanti con la procedura
Detto questo il deposito si deve fare. Per cui al termine di «una pluralità di passaggi e confronti con le realtà territoriali», in caso di mancato raggiungimento di un’intesa sul sito del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, «la decisione sarà assunta con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata» ha spiegato Pichetto Fratin lanciando un vero aut-aut. Questo perché «il tema delle scorie nucleari non è conseguenza dell’individuazione delle aree idonee o del deposito, ma esiste a prescindere, anche in virtù delle opere di decommissioning che dobbiamo portare avanti. La legge delega sul nucleare darà la possibilità di aggiornare anche il quadro normativo sul tema, nella consapevolezza che non è più un tema rinviabile e sul quale delineare una strategia condivisa con i territori di ampio respiro».
Il via nel 2029
«Sulla base delle stime più recenti fornite dalla Sogin» Pichetto ritiene che, «orientativamente si possa prevedere per il 2029 il rilascio del provvedimento di autorizzazione unica e per il 2039 la messa in esercizio del deposito nazionale» dove smaltire in via definitiva, i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari.
Una montagna di scorie
Stando alla sua relazione risulta che al 31 dicembre 2023, in Italia sono presenti circa 32.663,1 metri cubi di rifiuti radioattivi (aumento di circa il 5% rispetto al 2022), la maggior parte dei quali ad attività bassa e molto bassa. Il Lazio è la regione che detiene il volume maggiore di rifiuti radioattivi, pari a 10.549 metri cubi, il 32,30% del totale. Seguono Lombardia (19,70%), Piemonte (18,28%), Basilicata (13,10%), Campania (7,95%), Emilia-Romagna (3,82%), Toscana (3,19%) e Puglia (1,67%). In termini di quantitativo totale di radioattività (rifiuti radioattivi, sorgenti dismesse e combustibile irraggiato) è però il Piemonte a figurare al primo posto, con il 79,30% del totale. Per quanto riguarda invece il quantitativo totale del combustibile nucleare esaurito presente in Italia al 31 dicembre 2023 ammonta a circa 15,8 tonnellate di metallo pesante.
La mappa dei tanti depositi
Gli impianti nel territorio italiano che al momento detengono rifiuti radioattivi, combustibile esaurito, sorgenti dismesse e materie nucleari, da conferire in futuro al Deposito Nazionale sono tante, certamente troppe per garantire adeguate misure di sicurezza. In dettaglio sono quattro ex centrali nucleari in decommissioning gestiti da Sogin; quattro impianti del ciclo del combustibile in decommissioning gestiti da Enea e Sogin; un reattore di ricerca ISPRA-1 presso il Centro Comune di Ricerca (Ccr) di Ispra (VA), gestito da Sogin; sette centri di ricerca nucleare (Enea Casaccia, Ccr di Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CeSNEF – Centro Studi Nucleari Enrico Fermi – di Milano, Università di Pavia, Università di Palermo); quattro centri del Servizio Integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex, MITAmbiente); un centro del Servizio Integrato non più attivo (Cemerad) e un deposito del Ministero della Difesa, Stato Maggiore della Marina, Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari (Cisam). Ci sono poi i rifiuti radioattivi derivanti da applicazioni medico-sanitarie, industriali e di ricerca scientifica e tecnologica (rifiuti “non elettronucleari") vengono gestiti e stoccati temporaneamente negli impianti autorizzati e ne è previsto lo smaltimento definitivo all’interno del Deposito Nazionale.