La Stampa, 25 giugno 2025
La volontà di affossare la norma
«All’Italia serve una legge sul fine vita, ma non una qualsiasi». Filomena Gallo, avvocata, costituzionalista, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ieri era al Senato per un convegno sul fine vita con i francesi quando è arrivata la notizia. «Il governo poco fa si è rimangiato la mediazione raggiunta ed è uscito allo scoperto presentando un nuovo testo, mai discusso e irricevibile. Non voglio né leggerlo, né diffonderlo perché spero ancora in una mediazione ma siamo basiti». La vice presidente Mariolina Castellone entra in sala Nassirya dove Gallo e la delegazione francese si stanno confrontando e gela tutti. L’imbarazzo dei presenti è totale. I francesi fortunatamente capiscono poco in quel momento, senza la traduzione. Tra i giornalisti invece parte subito la caccia al nuovo testo altrove visto che Castellone se ne va stringendo i fogli. Quando finalmente lo leggiamo saltano all’occhio alcune cose. Intanto la riforma inizierebbe così: «Il diritto alla vita è un diritto fondamentale della persona in quanto presupposto di tutti i diritti riconosciuti dall’ordinamento». Nell’incipit si ribadisce il diritto alla vita e non il diritto all’aiuto alla morte volontaria.
«La Repubblica assicura la tutela della vita di ogni persona, dal concepimento alla morte naturale». Che c’entra questo riferimento temporale «dal concepimento»? Un escamotage per ribadire alla base elettorale pro vita: siamo anche contro il diritto all’aborto? Tranquilli? Articolo 2: «Non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di fine vita, formatosi in modo libero, autonomo e consapevole, di una persona maggiorenne, inserita nel percorso di cure palliative». E se il malato le rifiuta? Cade per lui il diritto al suicidio assistito? Sarebbe una chiara violazione delle predisposizione della Corte che è stata invece categorica: hanno diritto a presentare domanda le persone capaci di autodeterminarsi, dipendenti da trattamenti di sostegno vitale (anche caregiver), con una patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili. Infine il terzo articolo controverso della riforma lo spiega direttamente la vicepresidente del Senato Castellone: «Vogliono prevedere una competenza specifica nel rilascio delle autorizzazioni, di un comitato etico di nomina governativa, che apre a uno scenario inquietante nel quale in base al governo di turno la posizione su temi così delicati sarà più o meno permissiva. In pratica, più che di comitato etico potremmo parlare di comitato ideologico».
Anche questa scelta sarebbe in disaccordo con il dettato della Corte, che – ricordiamolo – ha previsto solo l’obbligo di acquisizione da parte delle Asl del parere non vincolante dei Comitati etici territoriali. C’è infine, un’altra volontà del centro destra: non può essere il servizio sanitario pubblico a fornire l’aiuto al suicidio assistito. E allora chi? Solo volontari? O i privati? Insomma più che fare la riforma sul fine vita, da ieri è chiaro l’obiettivo di affossarla. —