Avvenire, 25 giugno 2025
Le rimesse a quota 8,3 miliardi Ma il Nord Africa resta indietro
Il loro è un contributo fondamentale per il Pil italiano, ma anche per lo sviluppo economico dei relativi Paesi d’origine: sono i lavoratori stranieri presenti nel nostro Stato, spesso impiegati nel settore domestico. Partendo dall’ipotesi che i flussi di denaro verso un determinato Paese siano riconducibili ai migranti che da lì provengono e considerando che le rimesse destinate all’estero nel 2024 ammontano a 8,3 miliardi di euro, si capisce che questi lavoratori sono un vero e proprio motore per l’emancipazione delle loro terre d’origine: è quanto emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio Domina sul lavoro domestico, sulla base dei dati della Banca d’Italia. «Le lavoratrici e i lavoratori domestici in Italia non solo danno un contributo importante al sistema di welfare nazionale e al sistema economico nel suo insieme, ma allo stesso tempo contribuiscono, grazie ai loro risparmi, al sostentamento delle famiglie rimaste in patria», commenta Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina. Come sottolinea Gasparrini, tra i primi Stati riceventi di queste rimesse figurano infatti «anche alcuni Paesi caratterizzati da una forte presenza di domestici in Italia, come Filippine, Ucraina e Moldavia». Secondo il rapporto Domina 2024, dai lavoratori domestici in Italia nel 2023 derivava un contributo al Pil pari a 15,8 miliardi (0,8%). Considerando solo gli impieghi regolamentati appartenenti a questo settore – che comprende colf e badanti –, anche nel 2024, secondo i dati Inps, gli stranieri costituiscono oltre il 68% del totale, seppur con una leggerissima flessione rispetto al 2023.
In generale, a ricevere maggiormente questo contributo al proprio Pil sono gli Stati di provenienza prevalenti tra gli stranieri in Italia. Osservando le prime 20 comunità d’origine dei 5,3 milioni di stranieri in Italia al primo gennaio 2024, i valori massimi si registrano tra i cittadini del Bangladesh, che hanno inviato in media circa 604 euro mensili pro capite: il loro Paese è dunque il primo tra quelli di destinazione e nel 2024 ha ricevuto un totale di 1,4 miliardi di euro.
Pakistan e Filippine registrano valori superiori a 300 euro mensili pro capite, seguiti, con cifre inferiori, da Perù, Sri Lanka, Ecuador, India, Senegal, Nigeria e Brasile. Sono invece sotto la media nazionale di 131 euro mensili i Paesi del Nord Africa (Marocco, Tunisia, Egitto) e quelli europei, soprattutto dell’Est (Moldavia, Ucraina, Albania, Romania, Macedonia e Polonia), seguiti dalla Cina all’ultima posizione. Le rimesse verso il Dragone, in particolare, si sono ridotte a soli 4 milioni di euro totali, che provengono per il 27,4% da Roma. Anche gran parte delle rimesse per il Bangladesh viene dalla Capitale (il 22%), seguita dal Milano con il 10%. Il capoluogo lombardo e la Capitale sono anche le prime città da cui partono i flussi per le Filippine, rispettivamente al 30 e al 28,9%. Roma è poi la prima provincia di invio anche delle rimesse verso la Romania, con il 18%. Più frammentati sono invece gli invii di denaro verso il Pakistan, che vedono come prime province Brescia (7,4%) e Bologna (6,1%). Oltre a tutto il contributo “visibile” da parte dei lavoratori stranieri, va tenuto conto che molto di questo aiuto ai Paesi d’origine sfugge sicuramente al monitoraggio, rimanendo dunque “invisibile”. La Banca d’Italia monitora infatti i trasferimenti di denaro all’estero regolati tramite istituti di pagamento o altri intermediari autorizzati, senza transitare su conti di pagamento intestati all’ordinante o al beneficiario. Il volume delle rimesse osservato è salito dal 2018 fino al 2021, per poi iniziare a calare dal 2022. Gli osservatori ipotizzano dunque che durante i primi due anni della pandemia le restrizioni messe in campo per far fronte al Covid-19 abbiano ridotto le rimesse “invisibili” e quindi aumentato quelle formali, mentre viceversa già dal 2022, con il cadere di queste limitazioni, le prime siano tornate a crescere. Va detto che i migranti residenti in Italia non sono gli unici a rafforzare i loro Paesi di provenienza. Secondo le Nazioni Unite, nell’ultimo decennio i migranti nel mondo hanno inviato 5.000 miliardi di dollari in rimesse ai Paesi a basso e medio reddito. Entro il 2030 questi Stati dovrebbero ricevere altri 4.400 miliardi di dollari. Una stima che, se si rivelasse giusta, nel tempo potrebbe fare davvero la differenza per questi Stati e per i loro abitanti.