La Stampa, 24 giugno 2025
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Nella scorsa stagione calcistica le aggressioni agli arbitri sono state 653. Si parla di tutte le competizioni, comprese quelle giovanili e dilettantistiche, e si distinguono in 255 condotte violente (dalle botte agli sputi), in 311 condotte di altra natura (atteggiamenti irriguardosi fino al contatto fisico non violento) e 87 violenze morali (insulti anche a sfondo razziale). Pertanto il Consiglio dei ministri ha equiparato gli arbitri agli agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, e d’ora in poi chi mette le mani addosso a un arbitro rischia la stessa pena di chi le mette addosso a un poliziotto: da due a cinque anni di carcere. Il decreto è stato voluto dal ministro Andrea Abodi e il presidente dell’Associazione degli arbitri, Antonio Zappi, commosso, l’ha innalzato a momento storico. La stessa pensata l’aveva fatta un paio di mesi fa il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Certo, la scuola non smuove le passioni del calcio, ma comunque nel 2024 le aggressioni agli insegnanti sono state sessantotto. Quindi, stessa modifica allo stesso articolo del codice penale e maestri e professori, come gli arbitri, equiparati agli agenti di polizia. Possiamo essere ottimisti? Ho paura di no perché i primi a conseguire l’equiparazione furono cinque anni fa i medici, al culmine di una quantità di scazzottate in corsia. E tuttavia gli ultimi numeri dicono che nel 2024 le aggressioni ai medici sono aumentate di un terzo rispetto al 2023, e nei primi tre mesi del 2025 di un altro 37 per cento. Risolvere il problema è troppo difficile: ci si accontenta di picchiare chi picchia, e picchiarlo un po’ più forte.