il Fatto Quotidiano, 24 giugno 2025
Maria Sole Tognazzi: “Odiavo il cinema… e scoprii papà solo dopo la sua morte”
Maria Sole Tognazzi, nel 1997 firmava la prima regia: il corto Non finisce qui.
Era avanzata della pellicola a un produttore: ‘Prova a fare qualcosa, perché come aiuto regista non è che sei tanto brava, eh’. E mi ricordo il bisogno di raccontare una depressione. Avevo vent’anni, e a quell’età se non sei depresso sei scemo.
Quando ha esordito, papà Ugo non c’era già più.
Ho fatto il cinema perché ho avuto la fortuna di essere nata e cresciuta in quell’ambiente, ma lo detestavo. Per spirito di provocazione, vedevo i miei fratelli attratti dal lavoro di papà e di quelli che giravano in casa: Pasolini, Scola, Bertolucci.
Chi la impressionava di più?
Marco Ferreri, il mio padrino. Mi faceva molto paura, era cattivissimo, soprattutto con i bambini. Ci insultava. Era un uomo incredibile, geniale, anche spiritoso, però per un bambino… Benvenuti e De Bernardi erano dolcissimi, Monicelli un po’ meno.
Dal cinema lei che ha imparato?
Lo dico sempre a Moira (l’agente Mazzantini, ndr): ho imparato a rubare. Mi spiego, perché temo già i titoli: a rubare in senso buono. Il cinema ti insegna a rubare con gli occhi e poi a riportare quello che hai imparato. Il lavoro più bello del mondo.
Nel 2020, per i 20 anni dalla scomparsa, gira Ritratto di mio padre.
Il mio film più personale. Ugo lo scopro come attore dopo la sua morte. Avevo 18, 19 anni e fin lì l’avevo rifiutato come personaggio pubblico: vivevamo a Velletri, andavo a scuola a Castel Gandolfo, e il padre famoso che fermavano tutti per me non era un vanto. Un bambino ha bisogno di normalità, poi cresci e capisci che tuo padre non era normale, perché Ugo non lo era affatto e però lo ami. Peccato non averlo potuto conoscere. Peccato non averlo potuto frequentare.
A settembre se n’è andata sua madre, Franca Bettoja.
Il lutto più doloroso. Era lei ad aprire la casa di Torvajanica, quest’anno è toccato a me: mi ha dato molta forza, e la possibilità di cominciare a scrivere quello che confido sarà il film della mia vita. Mi sono sistemata nella dependance, c’è un televisore che uso come abat-jour, prende solo Rete4. Ogni volta che mi alzo e ci butto un occhio c’è sempre Garlasco: è il nostro Twin Peaks.
Nel 2013 realizza Viaggio sola, con la Buy: un successo. Oggi l’autodeterminazione femminile rischia di diventare un genere?
Be’, finalmente! Non solo da parte di noi donne, penso sia così per tutto il pubblico, se ne sentiva molto il bisogno. Non sono ideologica, non voglio fare il manifesto, però mettere una donna al centro della storia era una necessità: io l’ho capito dopo aver fatto nel 2008 L’uomo che ama, con Favino, e dopo Ritratto di mio padre, che è l’uomo che ho amato, e da Viaggio sola non sono più tornata indietro. Con Cotroneo e Marciano, che quando l’ho incontrata mi son detta ‘voglio diventare come lei’, abbiamo guardato le nostre vite e raccontato una donna sola per scelta, vincente, che non è vittima né del sistema né della società. Buy, liberata da tutte le sue fobie e le sue paure, è stupenda: attribuisco sempre il successo agli altri, ma va bene così.
Non lascia, raddoppia: Io e lei, con la relazione amorosa di Buy e Ferilli.
Sabrina, reduce da La grande bellezza, la incontro a Cannes: ‘Ah Maria So’, ma quanto so’ contenta pe’ te!’. Tornando a Torvajanica la sera stessa, accendo quel famoso televisore e becco Il vizietto con Ugo e Serrault: nella vita ci vuole talento, ma anche molto culo. E, detto in francese, ci sono segnali che appartengono a questo culo: telefono a Guadagnino, ‘Luca, ho capito qual è il mio prossimo film, metto insieme Margherita e Sabrina e faccio il mio Vizietto 25 anni dopo’. E lui: ‘F sei un genio’.
Tra qualche mese torna su Sky con la terza stagione di Petra, e l’investigatrice Cortellesi con cui nel 2003 aveva fatto la sua opera prima Passato prossimo.
Paola è professionale e generosissima. Durante le riprese Franca ha avuto un infarto, noi stavamo sul set, e in questo il cinema è estremamente crudele: non esiste che ti chiama tuo fratello, ‘stanno ricoverando mamma’, e tu te ne puoi andare, perché ogni giornata costa molto denaro e ci sono figure che non si possono liberare. Ho rinchiuso Paola in una stanza: ‘Credo mia madre stia morendo, ma non dirlo a nessuno, e giriamo’, e lei: ‘Sole, vai! Se ti fidi di me (aveva già esordito alla regia con “C’è ancora domani”) te la posso girare io la sequenza’. Questa è Paola Cortellesi.