Avvenire, 24 giugno 2025
La strage in Siria riapre la caccia ai fedeli cristiani
«Il crimine contro i cristiani nella chiesa di Mar Elias al-Hayy – Sant’Elia – è un patetico e spregevole tentativo di minare gli sforzi per costruire la pace civile e vanificare ogni sforzo per raggiungere un futuro prospero e far progredire lo Stato. È un tentativo palese e meschino di distruggere ciò che resta della fiducia tra i diversi membri della società siriana». Con queste parole padre Jihad Youssef, priore del monastero di Deir Mar Mousa, ha commentato l’attentato terroristico che nel tardo pomeriggio di domenica ha colpito la chiesa greco-ortodossa di Mar Elias a Dweila, nei sobborghi di Damasco. Il bilancio è di almeno 30 fedeli uccisi e di oltre settanta feriti nell’esplosione avvenuta nel corso della Messa domenicale.
Si sarebbe trattato, secondo il Syria Civil Defence, intervenuto sul posto subito dopo la strage, di un attentato suicida dell’Isis, il secondo dalla caduta del regime di Bashar al Assad. In base ad alcune testimonianze due uomini armati avrebbero aperto il fuoco sui fedeli riuniti in preghiera, poi si sarebbero fatti saltare in aria. Padre Malatius Shatahi, in una dichiarazione a Zaman al wasl, ha criticato la mancanza di attenzione alle denunce che nei giorni e nelle settimane precedenti la comunità cristiana aveva già presentato: «Abbiamo più volte sottolineato che sul piano della sicurezza la situazione non era affatto buona, ma le autorità ci hanno sempre risposto che si trattava di episodi isolati e che non avevano alcuna responsabilità. Non è stata presa nessuna iniziativa legale contro questi “episodi isolati”», ha aggiunto. «Il governo è urgentemente chiamato a esercitare appieno il suo ruolo nella protezione dei cittadini prima che sia troppo tardi. Non c’è alternativa allo stato di diritto», ha scritto il priore Jihad Youssef.
Un «crimine efferato contro innocenti» che mette in evidenza l’importanza della «solidarietà» e dell’«unità tra popolo e governo di fronte alle minacce alla sicurezza e alla stabilità del nostro Paese» ha dichiarato ieri il presidente Ahmed Sharaa promettendo alle famiglie delle vittime che il governo farà giustizia. Le nuove autorità di Damasco hanno subito condannato con fermamente l’aggressione e a sera hanno annunciato l’arresto di sei persone «coinvolte» nell’attentato. Il capo della sicurezza interna Osama Muhammad Khair Atkeh ha subito raggiunto il luogo di culto per un sopralluogo e ha parlato di un vile atto terroristico dell’Isis. La ministra degli affari sociali Hind Kabawat, ha raggiunto anch’essa la chiesa di Mar Elias, portando il suo sostegno ai familiari delle vittime e alla comunità cristiana locale. Sul posto anche il governatore di Damasco, Maher Marwan, il quale ha dichiarato che «il regime ha ancora sostenitori nell’area e che l’attentato non ha colpito solo una singola comunità, ma tutta la popolazione siriana». L’attentato terroristico ha sconvolto la Siria in un momento di grande instabilità sia sul piano regionale, con le continue ingerenze di Israele nel sud, che oltre a bombardare diverse località continua a penetrare via terra, sia sul fronte interno. Lo scorso 30 maggio l’Isis aveva colpito Damasco per la prima volta dalla fuga di Assad, prendendo di mira soldati governativi e affermando, sui propri canali, di aver preso di mira un «veicolo del regime apostata». La formazione terroristica aveva già colpito il 22 maggio nella regione di al Safa, nella provincia di Sweida e anche la scorsa settimana aveva ucciso in un attacco uomini dell’esercito.
Dopo quattordici anni di guerra e il moltiplicarsi di fazioni armate, sostenute anche da potenze straniere, la Siria di al Sharaa, deve necessariamente affrontare il problema della sicurezza interna e garantirsi una stabilità sul piano regionale, con Russia, Iran, Turchia e Israele che hanno ancora molti interessi sul territorio. Inoltre molti dei ministri dell’attuale governo e in primis al-Sharaa stesso vengono dalla lotta armata e hanno costituito e militato nell’Hts, considerata da Stati Uniti e Onu un’organizzazione terroristica, fino all’8 dicembre 2024. Sacche di resistenza del vecchio regime sono ancora presenti in tutta la Siria. Nei giorni scorsi, in una sofisticata operazione di intelligence è stato arrestato Wassim al-Assad, il cugino di Bashar al-Assad, considerato tra i maggiori responsabili del traffico di captagon e tra i capi della famigerata prigione di Sednaya.