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 2025  giugno 23 Lunedì calendario

Il pangolino è l’animale più trafficato al mondo. E c’è di mezzo anche la droga. Perché gli Usa potrebbero metterlo sotto protezione

Chi controlla i controllori?  I pangolini, unici mammiferi ricoperti di squame, a metà tra gli armadilli e i formichieri, sembrano usciti da una favola. Teneri, certo. Ma inflessibili nel loro ruolo: ogni notte, con lestezza, divorano fino a 20.000 formiche e termiti, contribuendo all’equilibrio delle boscaglie in cui vivono. 
Li chiamano «i controllori». Quando si sentono minacciati, però, abbandonano il ruolo di vigili e si raggomitolano in una palla compatta: una difesa inespugnabile dai predatori naturali, ma del tutto vana contro i bracconieri. Ed è proprio così che finiscono in trappola, vittime ideali del traffico di fauna selvatica e di una medicina tradizionale che li vorrebbe scorticati. 
Le loro squame, prive di reali proprietà curative, sono tra le più ambite sul mercato nero. Come nelle migliori storie, potrebbe esserci un lieto fine: pochi giorni fa, l’agenzia federale Fish and Wildlife Service ha infatti proposto di includere sette specie di pangolino nella lista delle specie in pericolo, secondo quanto previsto dall’Endangered Species Act (ESA), la legge federale più importante per la tutela degli animali vulnerabili.
Un florido mercato sommerso
Il pangolino, che vive tra Africa e Asia, rappresenta, ad avviso dell’Iucn  (Unione internazionale per la conservazione della natura), il mammifero più trafficato al mondo. Sottoposto a un regime internazionale di protezione dal 2016, che ne proibisce virtualmente il commercio, questo animale continua a essere al centro di un florido mercato sommerso. Lo dimostra un sequestro avvenuto lo scorso aprile in Nigeria: quasi quattro tonnellate di squame, l’equivalente di circa 2.000 esemplari uccisi, destinate a ristoranti o all’ottenimento di trattamenti pseudo-medicamentosi. Negli Stati Uniti, tra il 2016 e il 2020, le autorità doganali hanno intercettato 76 spedizioni contenenti parti di pangolino. E l’elenco non finisce qui. «Il traffico di animali è un mercato che vale dagli 8 ai 10 miliardi di dollari l’anno, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc), e tra i 7 e i 23 miliardi secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep)», scriveva due anni fa Giorgia Bollati nello speciale “Pianeta 2030” del Corriere della Sera. 
Una proposta da approvare
Un giro d’affari di tale entità solleva anche problematiche sanitarie, considerando che il pangolino è stato più volte indicato dalla comunità scientifica tra i possibili serbatoi del SARS-CoV-2. Fino a oggi, gli Stati Uniti riconoscevano come “protetta” solo una delle specie censite, quella di Temminck (Smutsia temminckii), mentre le loro frontiere restavano un hub di transito per il commercio illegale. Se la proposta federale dovesse venir approvata in via definitiva, tutte le specie godranno delle stesse tutele spettanti alla Temminck. Il provvedimento comporterebbe il divieto di importazione e commercio, salvo eccezioni per fini scientifici o conservazionistici, e faciliterebbe così l’accesso a fondi destinati alla loro salvaguardia. «I pericoli legati al traffico illegale non sono diminuiti, ma gli Stati Uniti stanno assumendo un ruolo importante nella tutela della biodiversità», osserva Danielle Kessler dell’International Fund for Animal Welfare.
I cartelli della droga
La proposta americana arriva in un momento delicato: l’amministrazione Trump, in più occasioni, ha relegato l’ambiente a un ruolo marginale nella propria agenda politica. Tuttavia, Trump, da sempre intransigente sul fronte della droga, potrebbe essere un alleato inaspettato del pangolino. «Il traffico di fauna selvatica è legato a quello delle droghe, gestito da potenti cartelli e a operazioni criminali cinesi che forniscono precursori chimici del fentanile (la famigerata “droga degli zombie"), un analgesico potente al punto che appena due milligrammi possono essere letali», incalzano gli attivisti, evidenziando quanto i due fenomeni siano collegati. Entro la fine dell’anno, dopo un periodo di consultazioni in scadenza ad agosto, le istituzioni americane dovranno decidere se estendere la protezione a tutte le specie conosciute o se continuare a tutelarne solo una. Quando vengono irritati, i pangolini emettono sibili, soffi e brontolii sommessi: è tutto ciò che hanno per farsi udire. In tempi di cecità ambientale, ascoltarli non è un gesto simbolico. È un dovere.