ilfattoquotidiano.it, 23 giugno 2025
Estrazione illegale di oro in Amazzonia, nelle carte di un’inchiesta brasiliana si cita l’italiana Italpreziosi
Un’indagine della Polizia Federale brasiliana ha rivelato un giro miliardario di estrazione ed esportazione illegale di oro proveniente dall’Amazzonia. Pubblicata da Repórter Brasil e diffusa in esclusiva per l’Italia da Il Fatto Quotidiano, l’inchiesta ricostruisce il percorso di parte di questo oro illegale fino al mercato internazionale, inclusa l’Italia. Documenti ufficiali citano la raffineria Italpreziosi come destinataria di spedizioni inviate da aziende brasiliane indagate per attività in aree protette, comprese terre indigene. Italpreziosi, tuttavia, non è indagata.
Con sede ad Arezzo, Italpreziosi figura nelle liste dei potenziali fornitori di marchi come Apple, NVIDIA e Tesla. Secondo i documenti ottenuti da Repórter Brasil, l’azienda italiana ha ricevuto oro tra il 2017 e il 2021 da due esportatori brasiliani sotto indagine: Pemex Comercial Exportadora e Amazônia Trading Express.
Le autorità stimano che il sistema abbia movimentato circa 13 tonnellate di oro, valutate in 4 miliardi di reais. Le indagini indicano che il metallo veniva estratto illegalmente nella regione di Itaituba (Para), una delle principali aree di garimpo illegale del Paese. Parte dell’estrazione è avvenuta all’interno della Terra Indigena Munduruku, nello Stato del Pará, dove l’uso del mercurio provoca già malattie, malformazioni e ritardi nello sviluppo dei bambini indigeni.
Secondo il pubblico ministero federale (MPF), l’oro illegale veniva dichiarato come proveniente da cooperative e imprese minerarie con concessioni dell’Agenzia Nazionale per l’Attività Mineraria (ANM), ma prive di operazioni reali. In questo modo, il metallo veniva “ripulito”: appariva legale, ma proveniva da aree proibite.
L’oro “ripulito” veniva esportato principalmente verso Emirati Arabi Uniti, India, Hong Kong, Svizzera e Italia. Nel caso italiano, i documenti indicano Italpreziosi come destinataria ufficiale. Fatture di vendita alla raffineria italiana sono state allegate al procedimento giudiziario e ottenute da Repórter Brasil.
Secondo il pubblico ministero, l’importatore Ororeal LLC sarebbe stato utilizzato per occultare la destinazione reale dell’oro illegale, che finiva in raffinerie estere. Italpreziosi ha dichiarato che il rapporto con Ororeal LLC si è concluso nel 2021, prima di venire a conoscenza delle accuse. Secondo la raffineria, “non essendo emersi sospetti né nella due diligence ordinaria né in quella rafforzata, il rapporto è stato mantenuto con monitoraggio periodico”. L’azienda afferma di non aver riscontrato irregolarità nelle transazioni effettuate.
Ciononostante, i documenti della Polizia Federale brasiliana mostrano che Italpreziosi ha ricevuto spedizioni significative nel periodo investigato. Repórter Brasil ha avuto accesso a quattro fatture di trasporto aereo, relative a spedizioni da parte di Pemex e Amazônia Trading tra luglio 2017 e agosto 2021, per un valore totale di 5,8 milioni di dollari.
Tra i documenti, figura una spedizione di 10 kg d’oro da parte della Pemex, valutata 624 mila dollari, inviata nell’agosto 2021. Un’altra, del giugno 2020, riguarda 30 kg per un valore di 1,5 milioni di dollari. Amazônia Trading risulta mittente di 46,2 kg d’oro (2,6 milioni di dollari) nell’agosto 2021, e di 28 kg (1,1 milioni di dollari) nel luglio 2017.
Secondo la Polizia Federale, Isaac Fuhrmann Cula, socio di Ororeal e di Amazônia Trading Express, è indicato come l’articolatore della parte internazionale dello schema. Ororeal avrebbe agito come società di comodo per nascondere la destinazione finale dell’oro, raffinerie come Italpreziosi.
L’indagine rivela inoltre che le imprese utilizzavano concessioni minerarie false e simulavano attività in luoghi dove le immagini satellitari non rilevavano alcuna operazione. Anche l’azienda Confiança Comércio de Metais è sotto inchiesta: avrebbe emesso fatture a nome di 13 persone già decedute. Il proprietario dell’impresa, anche socio della Pemex, è tra i 36 imputati denunciati dal pubblico ministero.
Apple e Tesla sono state contattate, ma non hanno risposto prima della chiusura dell’inchiesta. NVIDIA ha dichiarato di essere impegnata nell’approvvigionamento responsabile di minerali: “Rivediamo regolarmente i nostri fornitori per garantire il rispetto della nostra politica sui minerali responsabili e conduciamo verifiche per assicurarci che i nostri prodotti siano ottenuti in modo etico”. Italpreziosi ha dichiarato di non avere rapporti commerciali diretti con questi marchi e di non essere obbligata a tracciare i legami tra i propri clienti e terzi.
Attraverso i loro legali, Isaac Fuhrmann Cula e Marina Galo Alonso, anche lei socia di Amazônia Trading, hanno negato ogni coinvolgimento con oro illegale. Hanno affermato che le imprese “non hanno mai acquistato oro proveniente da terre indigene o di origine illecita” e che richiedono documentazione ai fornitori. Hanno inoltre dichiarato di non essere a conoscenza di irregolarità e di “confidare nella giustizia”, avendo fornito informazioni alle autorità.
Il caso è emerso con l’Operazione Sisaque, nel 2023, e mostra come l’oro illegale dell’Amazzonia possa finire nella catena globale di approvvigionamento, spesso all’insaputa di aziende e consumatori. In Brasile, l’estrazione mineraria illegale è una delle principali cause di distruzione della foresta. Secondo Greenpeace, tra il 2023 e il 2024 oltre 4.200 ettari di terre indigene sono stati devastati da questa attività. Secondo la legge, l’attività mineraria è consentita solo con autorizzazione ufficiale.
Il Fatto ha contattato Italpreziosi. Ivana Ciabatta, amministratore delegato e presidente del CdA, ha inviato un comunicato in cui dichiara: “Come evidenziato nei nostri chiarimenti, non appena ricevuta la notizia negativa, abbiamo agito con la rapidità e la determinazione che ci contraddistinguono. Sebbene il rapporto fosse già inattivo dal punto di vista commerciale, abbiamo immediatamente sospeso l’account e adottato tutte le misure necessarie per garantire la piena conformità. Siamo certi di aver agito nel rispetto della normativa nazionale e internazionale, utilizzando tutti i mezzi a nostra disposizione. Un’analisi superficiale può generare un danno reputazionale ingiusto, non solo per l’azienda, ma per l’intero percorso di sostenibilità che stiamo ancora costruendo”.