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 2025  giugno 22 Domenica calendario

Grecia, resurrezione a metà nel paese invaso dai turisti e dalla povertà

Splendore e cicatrici. Nelle viuzze bianche della Plaka torme di americani in ciabatte planano rapaci sui souvenir. Dal primo luglio tassa di venti euro per ogni crocierista che sbarca a Mykonos e Santorini: il turismo ormai scoppia. Venerdì della scorsa settimana Novak Djokovic a cena in un noto ristorante di pesce della capitale con il primo ministro Kyriakos Mitsotakis: sta pensando di trasferirsi qui con racchette e famiglia.
Eccola, Atene, dieci anni dopo. Era la notte tra il 26 e il 27 giugno 2015 e l’allora premier Alexis Tsipras annunciò a un popolo che dal 2009 navigava tra crisi e austerità un referendum sul terzo programma di salvataggio, con relativi tagli alla spesa e sacrifici, proposto – o imposto – dalla Troika (Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) alla Grecia.
Urne aperte il 5 luglio, quando gli “Oxi”, i “No”, vinsero con uno schiacciante 61%. Il 12 luglio lo stesso Tsipras che scaldava la piazza – «vi invito a dire un grande e orgoglioso no agli ultimatum, a voltare le spalle a coloro che vi stanno terrorizzando» – firmava con la Troika un accordo ancora più duro di quello appena rigettato dal referendum in cambio di un finanziamento da 86 miliardi. L’alternativa sarebbe stata l’uscita dall’Ue e dall’euro.
«Siamo stati il canarino nella miniera per l’Europa, ma purtroppo l’Europa non ha imparato molto». Nel suo ufficio al quarto piano di un palazzetto che ha visto tempi migliori, appena dietro piazza Syntagma e il parlamento, Elena Panaritis, vulcanica architetta ed economista, consulente di vari governi – compreso quello di Tsipras – interpreta così una buona fetta del sentimento nazionale che ancora soffre per la cura durissima imposta al paese. Sulla porta dell’ascensore un cartello perentorio: può salire una persona con una valigia, o due senza valige altrimenti “è molto pericoloso”. «Qui c’erano tanti uffici di politici – spiega Elena – e adesso invece ci sono bed and breakfast per turisti. Come dappertutto».
I turisti, appunto, e questo scintillante boom greco che però svanisce allontanandosi dall’Acropoli: dalla centralissima piazza Syntagma, in un chilometro di strada, le vetrine dei grandi marchi e le botteghe di succhi biologici cedono il posto alle saracinesche abbassate e ai senzatetto di Omonia. «I numeri vanno alla grande, la gente meno», sintetizza Georgia Sakkadou, giornalista, rollandosi una sigaretta sulla terrazza del grande magazzino Publicis e aprendo il capitolo di una “generazione perduta” che paga ancora i costi del passato, tra stipendi bassi e progetti di vita azzoppati. Anche lei è tra quel 50% di greci che non potranno permettersi di andare in vacanza: al massimo starà a casa di parenti.
Vediamoli, comunque, questi numeri, che fanno gridare il mondo al miracolo di Atene: nel 2025 l’economia – dicono le previsioni di Bruxelles – crescerà del 2,3%, così come ha fatto l’anno scorso, mentre l’anno prossimo resterà comunque un +2,2%.
Cifre che l’intera area euro si sogna: nel 2025, fonte Fmi, si fermerà a una crescita dello 0,9%. Certo, la Grecia ha 11 milioni di abitanti, poco più della sola Lombardia e il Pil dello scorso anno è stato di 237 miliardi, circa un decimo di quello italiano. Valori assoluti non altissimi, insomma. Ma quello che ha fatto è un viaggio all’inferno finanziario e ritorno, condito adesso addirittura dal pagamento anticipato dei prestiti.
«Non abbiamo soltanto voltato pagina, ma stiamo scrivendo proprio un nuovo libro». Pavlos Marinakis, vice primo ministro e portavoce del governo di centrodestra di Nea Dimokratia, guidato da Mitsokakis, preme il pedale della retorica, ma ha anche buoni argomenti da offrire: «Negli ultimi sei anni abbiamo attuato politiche che affrontano debolezze strutturali di lunga data come l’evasione fiscale, utilizzando un mix di strategie che riducono le tasse, aumentano la parte dell’economia che ritorna nelle tasche di ogni cittadino greco, insieme ad aumenti permanenti del reddito. Tutto con l’unico obiettivo di garantire che il nostro paese non torni mai più ai suoi tempi bui», ossia quelli del referendum e dintorni.
Il libro sarà anche nuovo, ma la carta su cui è scritto porta i segni del passato, assicura invece l’ex premier Giorgios Papandreou, che nel 2009 ebbe l’ingrato compito di portare alla luce i conti falsi di Atene. «La Grecia – dice – ha riacquistato la fiducia dei mercati internazionali, ma i principali problemi strutturali sono irrisolti».
E anche la ripresa non è per tutti: «Un greco su quattro rimane a rischio di povertà o di esclusione sociale, anche dopo i trasferimenti pubblici e i salari sono appena il 45% della media dell’Ue». I ristoranti della Plaka si riempiono di turisti. Non si sa invece quanti dei 500 mila greci che hanno lasciato il paese durante quindici anni di crisi siano tornati.