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 2025  giugno 21 Sabato calendario

La Commissione europea rinnega la norma anti-greenwashing

Formalmente le motivazioni per cui da anni si provava a indebolire la direttiva Ue contro il greenwashing delle aziende erano la competitività, la tutela delle piccole e medie imprese, il progresso. Dietro le quinte, invece, giocavano un ruolo fondamentale le pressioni dei gruppi d’interesse industriali a cui non andava a genio dover dimostrare scientificamente e tramite enti terzi la bontà delle loro asserzioni sui vantaggi ecologici delle loro produzioni più o meno “ecosostenibili”. Nel contesto di un Green Deal ormai a pezzi, la Commissione Ue si piega alla maggioranza di centrodestra, e si rimangia un altro scampolo: Bruxelles sta infatti considerando di ritirare la proposta di legge sulle dichiarazioni ambientali, la cosiddetta direttiva Green Claims, che mira a combattere il fenomeno del greenwashing. L’annuncio, ieri, è stato dato da un portavoce dell’esecutivo Ue, due giorni dopo la lettera inviata dai relatori ombra del Partito Popolare europeo alla commissaria Ue per l’Ambiente, Jessica Roswall, anche lei del Ppe, in cui se ne chiedeva esplicitamente il ritiro.
Lunedì 23 giugno, infatti, la proposta – presentata nel marzo del 2023 durante la prima commissione Von der Leyen – sarebbe dovuta arrivare al terzo trilogo (il negoziato Commissione-parlamento-Consiglio Ue) prima del via libera finale. Il parziale passo indietro della Commissione ha fatto riferimento proprio a questi negoziati: ieri, in serata, un portavoce ha dovuto precisare che si tratterebbe solo dell’intenzione di “informare i co-legislatori” che un ritiro “potrebbe essere preso in considerazione” e di dare loro un “preavviso” considerato che la proposta sarebbe “a un punto in cui il Consiglio ha distorto gli obiettivi”. Gli Stati membri, insomma, starebbero cercando di annacquarla e dunque, per l’esecutivo è meglio non farla nascere proprio.
La direttiva riguarda gli aspetti legati alla competitività e ai consumatori del Green Deal e cerca di garantire trasparenza da parte delle aziende nei loro proclami di “eco-sostenibilità”: dunque analisi scientifiche e di enti terzi dei programmi “green”, delle etichette e dei progetti per la riduzione delle emissioni, soprattutto quando sono compensativi (ad esempio piantando alberi). Vincoli che, secondo Popolari e conservatori, ma anche le lobby dell’industria, rischiano di ostacolare progresso e produttività perché troppo stringenti soprattutto per le piccole imprese. Ritirarlo, però, gioverebbe anche alle grandi. E mentre la Commissione prova a smentire ogni influenza, i conservatori di Ecr cantano vittoria: “Il lavoro del gruppo e della delegazione di Fratelli d’Italia ha permesso di bloccare la direttiva”, dicono i meloniani Carlo Fidanza e Nicola Procaccini. Citano la caduta di “un altro pezzo del Green Deal ideologico”, che effettivamente già vacilla sotto i colpi della nuova maggioranza (in cui siede anche il Pse, però) e da ultimo con il pacchetto di “semplificazioni Omnibus” presentato da Von der Leyen a febbraio: rinvio della carbon tax, esenzione dalle regole di sostenibilità delle aziende con meno di mille dipendenti, riduzione degli standard e slittamento sui limiti alle emissioni dei veicoli Euro 7, parziale alleggerimento della tassonomia verde. L’opera di smantellamento continua.