Il Messaggero, 22 giugno 2025
La mania dei selfie nei musei altro capolavoro danneggiato Gli Uffizi annunciano la stretta
Prima, lo sguardo assorto a contemplare la tela. Poi, un passo veloce, il tempo di girarsi per assumere la posa del soggetto ritratto e rivolgersi verso la fidanzata per uno scatto. E, in una frazione di secondo, la caduta: inattesa, evidente, rumorosa. Voleva realizzare un meme in grado di diventare virale – questa l’intenzione dichiarata e la “difesa” – il turista che, ieri, alla Galleria degli Uffizi di Firenze è inciampato, cadendo sul Ritratto di Ferdinando de’ Medici gran principe di Toscana di Anton Domenico Gabbiani, danneggiandolo lievemente.
LA DECISIONE
L’uomo è stato identificato e sarà denunciato per danneggiamento. Immediata – e dura – la reazione del direttore degli Uffizi Simone Verde: «Il problema di visitatori che vengono nei musei per fare meme o scattare selfie per i social è dilagante: porremo limiti molto precisi, impedendo i comportamenti non compatibili con il senso delle nostre istituzioni e del rispetto del patrimonio culturale». Insomma, basta selfie e meme. Subito. Il direttore, infatti, ha dato mandato al team museale di studiare, sin da oggi, metodi per impedire tali comportamenti. E così, di fatto, ristabilire una sorta di educazione alla visita museale.
La lacerazione dell’opera, datata tra fine Seicento e inizi Settecento, come spiegano gli esperti, è lieve e fortunatamente sanabile in pochi giorni. Il tema, invece, è tutt’altro che leggero, urgente, e di difficile soluzione. Selfie, meme, video non sono l’eccezione in mostre e musei ma ormai la regola. E sono stati perfino un modello virtuoso. Nel 2020, proprio agli Uffizi, Chiara Ferragni, guidata dal direttore dell’epoca Eike Schmidt, si fece alcuni scatti davanti alla Nascita di Venere di Sandro Botticelli e li pubblicò su Instagram. Le polemiche non mancarono ma a tacitarle fu il museo stesso, rimarcando il conseguente aumento di biglietti venduti. Ora, però la moda dei selfie pare mettere a rischio le opere.
Gli esempi non mancano. Lo scorso 12 giugno è arrivata dalla Casa Museo Maffei a Verona la notizia di una coppia di turisti che, per fare una foto, ha distrutto Sedia di Van Gogh dell’artista Nicola Bolla. L’uomo voleva simulare una seduta, ma ha perso l’equilibrio. Nel 2020 alla gipsoteca Antonio Canova, a Possagno, un turista per fare una foto si è sdraiato accanto a Paolina Borghese ma rialzandosi ha urtato il piede e la statua in gesso ha perso alluce e parte di due dita. Nel 2015, due ragazzi si sono arrampicati sul gruppo scultoreo nella Loggia dei Militi a Cremona, danneggiandolo. L’anno prima alla Gipsoteca dell’Accademia di Belle Arti di Brera,un giovane, facendosi un selfie sopra al Satiro ubriaco, gli ha rotto la gamba. Non solo Italia. Nel 2017, un visitatore, impegnato in video e foto, ha rovinato un’opera di Yayoi Kusama all’Hirshhorn Museum di Washington. L’anno, prima era toccato alla statua di San Michele Arcangelo al museo di Arte Antica di Lisbona: mentre cercava il suo profilo migliore, un turista è caduto proprio sull’opera, facendola a pezzi. Intanto i selfie continuano.