Avvenire, 22 giugno 2025
Nel Sudan dilaniato dalla guerra ora sta nascendo un “terzo Stato”
La conquista del Triangolo del Sahara può accelerare la divisione del Sudan in altri due Stati. Si tratta di un angolo strategico al confine tra Sudan, Libia ed Egitto, fondamentale per il controllo di traffici di ogni tipo e delle rotte migratorie africane verso la costa del Mediterraneo.
Da pochi giorni il Triangolo dei tre confini è stato conquistato dalle Forze di supporto rapido, Rsf i paramilitari di Mohamed Hamdan Dagalo, ’Hemetti” gli ex Janjaweed – che da oltre due anni combattono la guerra civile in Sudan contro l’esercito regolare (Saf) comandato dal generale Abdel Fattah al-Burhan.
Una svolta nel conflitto e una ulteriore spinta verso la partizione del Paese tra est e ovest dietro la quale si intravede il ruolo delle potenze estere e retroscena finora ignoti del conflitto che ha causato la più grande crisi umanitaria del globo secondo il recente rapporto “Global Trends” della Unhcr/Acnurcon 14,3milionidi sfollati e almeno 300mila morti.
La conquista, sostengono diversi analisti, è stata infatti ottenuta con l’aiuto del generale Khalifa Haftar, a capo del Libyan National Army (Lna), la fazione libica che controlla la Cirenaica e si contrappone al governo di accordo nazionale di Tripoli. Il controllo del Triangolo tra Sudan e Libia permette di gestire il contrabbando in particolare dell’oro estratto nelle miniere del Ciad e del Darfur, e quello altrettanto redditizio dei migranti e di rifornire le Rsf dalla Libia, quindi dal Mediterraneo. La costa sudanese del Mar Rosso è infatti controllata dall’esercito da Port Sudan. Cacciato a marzo dalla capitale Khartum dopo due anni di occupazione, Dagalo sta concentrando le milizie di origine araba che lo appoggiano nella parte occidentale del Sudan, Darfur e Kordofan.
La creazione di una via sicura di approvvigionamento e commercio dalla Libia sarebbe dunque funzionale alla strategia di istituire una amministrazione autonoma delle Rsfnel Darfur, come è di fatto da due anni nelle città di Nyala,e Genina, accompagnata da stupri di massa, documentati da tutte le organizzazioni umanitarie, e dalla pulizia etnica per cacciare le popolazioni nilo-sahariane come i Masalit.
Nei mesi scorsi Dagalo ha proclamato la formazione di un governo alternativo a quello di al-Burhan. Secondo l’agenzia Fides, dietro lo scontro di potere in Sudan ci sono una dimensione ideologica e una internazionale.
Il generale libico Haftar per aiutare le Rsf a conquistare il Triangolo ha inviato una formazione salafita locale che si contrappone all’altra espressione deH’Islam politico incarnato dai Fratelli musulmani. Questi ultimi sono invisi agli Emirati Arabi Uniti che appoggiano Haftar e le Rsf. Abu Dhabi vuole insomma contrastare la potente Fratellanza musulmana.
Sull’altro fronte l’esercito ha potuto riconquistare Khartum tre mesi fa grazie soprattutto alla neocostituita ’Hunter Force” una unità speciale di élite formata anche da elementi islamisti legati ai Fratelli musulmani. Allo scontro religioso si affianca quello geopolitico. Le influenze esterne nella guerra civile sudanese sono esemplificate dalla ’guerra dei droni’! Le Rsf impiegano droni cinesi forniti dagli Emirati mentre l’esercito utilizza velivoli turchi venduti da Ankara, che appoggia l’esercito.
Martedì una missione Onu ha descritto quella sudanese come «crisi di umanità». Mona Rishmawi, membro di una commissione di indagine del Palazzo di Vetro ha parlato di diffusa violenza sessuale, di bambini morti di fame e blocco degli aiuti umanitari.
«Una guerra – ha affermato l’esperta – combattuta sui corpi delle donne e delle bambine e delle comunità marginali con le due fazioni che usano armi pesanti contro i civili». Ma le denunce restano isolate per l’indifferenza della comunità internazionale e dell’opinione pubblica.