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 2025  giugno 21 Sabato calendario

Gli adulti ripugnanti di Gian Burrasca come i mostri della tv del piagnisteo

Articolo pubblicato su Tuttolibri nel 1997.
Festa di compleanno per Gian Burrasca. È doveroso, mentre lo si celebra, e quindi lo si ritrova e lo si rilegge, ancora una volta, rendere omaggio al suo Giornalino allontanandosi un poco da quella tradizione che lo colloca, per altro giustamente, fra i grandi classici dell’umorismo, mentre lo si studia sia come documento molto speciale di una non troppo palese storia dell’infanzia, sia come rassegna di metafore, perfino inquietanti, riferite ad eventi che il libro commenta, descrive, ma anche anticipa. Il riso insidioso, irresistibile, malevolo, dissacrante, di cui è pervaso il diario di Giannino Stoppani, nasce certo da una intenzione, tanto pedagogica quanto politica, che l’autore, Luigi Bertelli, più noto con lo pseudonimo, Vamba, da lui programmaticamente adottato, aveva già voluto rendere chiarissima addirittura nell’epigrafe con cui inizia il suo Ciondolino, un romanzo di formiche, preceduto da questo avviso perentorio: «Ho pensato, bambini, di farvi vedere molte cose grandi negli esseri piccoli... Più tardi, nel mondo, vedrete molte cose piccole negli esseri grandi». In fondo, questo è già un programma educativo di cui ognuno di noi può constatare l’insinuante attualità quando gli accade di vedere, in successione, prima un nobile documentario sulla vita degli animali, e poi un telegiornale con la consueta eccedenza di inguardabili facce di capi partito o di parlamentari. Ma le grandi opere umoristiche devono sempre essere lette tenendo presente anche la profonda amarezza da cui sono sempre pervase. Questa perfida doppiezza del riso lo avvicina costantemente alla sua inseparabile e misteriosa sorella gemella, la malinconia.Così, del resto, non si può evitare di tener conto anche delle date, e quindi si scopre che Giannino Stoppani annota le sue malefatte mentre un bambino di Guido Gozzano dialoga sapientemente con una cocotte, una puttana, o mentre il protagonista del celebre Pipino nato vecchio e morto bambino di Guido Gianelli esprime la sua protesta per mezzo di un programma di vita che è regressivo in senso perentorio, o mentre, nell’Aquilone di Pascoli, si medita sulla buona sorte di un fanciullo scomparso prima di essere insozzato dalla vita e dalla sporcizia della dimensione adulta. Si scorgono le penombre degli stessi salotti, si spiano le sorelle, si scrutano gli strani rituali degli adulti, come se, da piccoli cultori dell’antropologia culturale si prendesse nota, in un apposito diario, delle incomprensibili incongruenze di una strana tribù che predica il divieto della menzogna proprio mentre dice ogni sorta di bugie, che impone il rispetto degli anziani mentre li isola e li deride, sempre in attesa dell’eredità, che delinea la minuziosa cartografia delle buone maniere mentre insulta, trama, disprezza, deprime.
Dal dittamo glorioso e sempiterno della zia Bettina, sigillo vegetale dilatabile di un amore che non può essere confessato, fino alle nozze occultate del socialista avvocato Maralli che si proclama ateo nei comizi ma si sposa in chiesa, il diario va avanti a raccontare un’Italia certo morbosamente attuale e comunque immodificabile. Di cose piccole negli esseri grandi, Vamba ne mostra in tutte le pagine del diario, e tuttavia non è lo scorbutico borbottone che sa solo collezionare immondizie. Intorno al “Giornalino della domenica” era proprio nato un partito, anzi una confederazione, che comprendeva i «grilli» e le «mezze signorine», e proponeva, anche così, di guardare ai non cresciuti, ai piccoli, con sincera speranza di cambiamento.
Radicale pentito che però faceva nascere il suo Giannino nel giorno destinato a ricordare i bersaglieri che sancivano con le armi la fine del potere temporale dei Papi, Vamba dialogava, nella redazione della bellissima, elegante rivista fiorentina, con un interlocutore che non gli dava tregua, quel padre Ermenegildo Pistelli, dantista e latinista, autore delle famose «Pistole di Omero», dove strapazzava e derideva l’inautenticità, l’insincerità, la stolida morbidezza. Accanto al Giannino Stoppani laico c’era quindi un altro bambino, Omero Redi, scaturito dalle radici profonde di un cattolicesimo per nulla catacombale, ben deciso a servirsi del linguaggio e delle maniere di tutti i possibili Gian Burrasca. Vamba, nazionalista, vide D’Annunzio a Fiume prima di morire, padre Pistelli scelse la camicia nera e definì Santo il manganello.
Ma la prima e più autentica stagione del “Giornalino della domenica”, quella che precedette i furori e i disastri della guerra, non si collega davvero a questi due esiti. Giannino Stoppani è propriamente un folletto del rimpianto. È un grillo autentico che canta la nostalgia di una stagione amata e perduta, è la bandiera bambina di un’età troppo presto svanita. L’infanzia del nostro Paese, ovvero il Risorgimento, è per Vamba tutta animata da questi grilli ribelli, cospiratori, adoratori della verità, avversi ai nemici di fuori e ai vigliacchi di dentro come scrivevano i mazziniani nelle loro lapidi. In realtà, questi adulti menzogneri che vivono di compromessi luridi e inquinano gli interni con l’indecoroso spettacolo della loro estenuante pochezza, sono tutte reincarnazioni degli infami gendarmi contro cui lottavano i nostri patrioti.
Il momento più solennemente epifanico, in questo senso, è quello del collegio, dove la memoria della ribellione è puntigliosamente ritrovata fino a dar vita a una nuova carboneria composta di ragazzini. E l’evocazione del fantasma di Pierpaolo Pierpaoli, grande sequenza irresistibile, ricalca l’ardore con cui i ribelli giustiziarono il buio di un Ottocento fatto anche di ridicoli spettri, di truci armadi, di variegate nequizie. Nel cogliere la sorprendente attualità del diario di Giannino Stoppani, nel registrare come questa terrificante rassegna di adulti ripugnanti assomigli a una Chi l’ha visto? o a un’altra trasmissione delle tante prodotte dalla sadica cultura del piagnisteo, ci si può chiedere se Gian Burrasca sia vivo e lotti insieme a noi, oppure se il Paese contenga solo dei Maralli che portano un dittamo falsificato alle maitresse della politica. Vamba, molto preveggente, ha risposto al quesito con La storia d’un naso, La cronaca della settimana, e Le scene comiche, libri da ristampare e da rileggere.