Corriere della Sera, 20 giugno 2025
Russia, altra stretta sugli «agenti stranieri»: i 400 dissidenti nel mirino di Putin
«Per milioni di persone, Putin è una guida. Ma la comprensione del proprio popolo passa dal confronto. E se le poche voci contrarie sono considerate mele marce dell’Occidente, allora vivi un’altra realtà».
Così ci parlava nell’ottobre del 2022 Lev Shlosberg, due volte deputato e attuale vicepresidente di Yabloko, il partito liberale che sognava di diventare una alternativa democratica all’attuale potere e ora si limita a una opposizione all’interno del sistema, per forza di cose quasi edulcorata. E così ha continuato a farlo. Nel gennaio di quest’anno, disse che sul conflitto ucraino Donald Trump si sarebbe mosso «come un elefante in una cristalleria insanguinata», e al momento la previsione risulta abbastanza accurata.
Adesso Shlosberg, che proprio nel 2022 era stato dichiarato «agente straniero», è agli arresti domiciliari, decisione presa lo scorso undici giugno dal Tribunale di Pskov, dopo una sessione a porte chiuse su richiesta dell’accusa, che gli imputa il reiterato «discredito dell’esercito», punibile fino a cinque anni di reclusione. Poco importa se come prova a suo carico sia stata esibita la pubblicazione su una pagina social da lui non gestita di un dibattito nel quale sosteneva la necessità «per tutti» di un cessate il fuoco. Le regole per «le mele marce» al soldo dell’Occidente, questo in buona sostanza significa l’etichetta di agente straniero, sono cambiate. E non in meglio.
La Duma ha appena approvato un disegno di legge che inasprisce il perseguimento di questi dissidenti e consente di chiamarli in causa per reati di opinione commessi all’estero. Vasily Piskarev, presidente della commissione sulle interferenze estere negli affari della Russia, ha spiegato che circa il quaranta per cento degli «agenti stranieri» ha lasciato la Federazione Russa, per cui ora le autorità intendono perseguirli anche fuori dal Paese. Ma nel caso di Shlosberg sta per essere applicato un giro di vite diverso, anch’esso di nuovo conio. A inizio giugno, il governo ha dato via libera alla modifica della legge sull’azione penale nei confronti degli agenti stranieri, che finora scattava solo se questi ultimi erano stati multati due volte nell’arco di un anno per la loro attività. L’elenco delle violazioni è lungo un paio di pagine: dal divieto di esporre spille con frasi politiche sui propri abiti fino all’obbligo di dichiarare il proprio status di reprobo in ogni messaggio sui social.
Adesso, il contatore verrà azzerato. Basta sgarrare una volta, e non si rischia più una multa, ma il carcere. Alla lista degli inasprimenti va aggiunta anche una legge approvata ad aprile di quest’anno. I deputati hanno deciso che il bollino di «agente straniero» possa essere conferito alle persone che assecondano in qualunque modo l’attuazione delle decisioni di organizzazioni internazionali a cui la Federazione russa non partecipa, allargando così a dismisura la platea dei possibili bersagli.
La definizione giuridica dell’agente straniero esiste dal 2012, e da allora è sempre stata molto sfumata. Ma questa nuova ondata di provvedimenti appare mirata a colpire le quattrocento persone, su oltre milleduecento così iscritte nell’apposito registro creato presso il ministero della Giustizia, che hanno scelto di continuare a vivere in Russia. Come ha fatto Shlosberg.
Commentando la vicenda del deputato di Yabloko, Ekaterina Shulman, che prima di emigrare all’estero era la studiosa preferita dai giovani russi per farsi spiegare la politica, ha affermato che si tratta di un implicito foglio di via: «Sono misure dedicate a coloro che non hanno capito tutti gli inviti precedenti a lasciare il proprio Paese».