la Repubblica, 20 giugno 2025
“Noi, imprenditori della cannabis trattati come narcos”
Le grandi aziende stanno già delocalizzando coltivazione, produzione e vendita in Spagna, Francia, Repubblica Ceca, le medie stanno spostando la sede legale all’estero, il circuito dei tabaccai ha praticamente chiuso il canale di vendita. E i piccoli imprenditori rischiano di fare la fine di Simona Giorgi ed Emiliano Del Ferraro: merce sequestrata e accusa di spaccio di stupefacenti.
A poche settimane dall’entrata in vigore del decreto sicurezza che equipara la cannabis light alle droghe vietando produzione, utilizzo e commercializzazione delle infiorescenze e dei loro derivati, la storia di questi due giovani imprenditori laziali rappresenta il caso-pilota che rischia di portare il decreto sicurezza davanti alla Corte Costituzionale.
L’imputazione di spaccio
Simona Giorgi ed Emiliano Del Ferraro sono i primi due imprenditori del settore canapa che si sono visti mettere nero su bianco l’imputazione di spaccio. Simona ha 29 anni, titolare dello Spumone Growshop di Acilia, e l’incubo di una accusa punibile con una reclusione da sei a vent’anni. Dall’approvazione del decreto sicurezza buona parte di quello che si trova sugli scaffali dei suoi negozi è diventato fuorilegge. Ma il governo non ha mai detto agli imprenditori del settore cosa fare della merce acquistata, in magazzino, o – nel caso dei coltivatori e dei produttori – di intere piantagioni di canapa. Non esistono linee guida né decreti attuativi.
“Di certo – racconta l’imprenditrice – non mi aspettavo di vedere arrivare la Guardia di finanza in negozio, vedermi notificare un decreto di sequestro con l’accusa di spaccio e ritrovarmi anche temporaneamente in stato di fermo. Sì, è successo anche questo. Il 30 maggio i militari della Guardia di finanza mi hanno detto che ero in stato di fermo e mi hanno impedito di andare a prendere la mia bambina di 4 anni all’asilo. Ho dovuto chiamare la maestra e dirle quello che stava succedendo, mi sono sentita umiliata”.
Non esistono linee guida del settore
Stessa sorte è toccata ad Emiliano Del Ferraro, 24 anni, titolare di un cannabis shop a Colleferro. “Mi sento beffato. Questo Stato che oggi mi accusa di spaccio appena sette mesi fa mi ha dato la licenza per aprire il negozio. E ora devo difendermi in tribunale”. Al di là di come andrà finire in tribunale ( per loro l’avvocata Paola Bevere ha già impugnato il decreto di sequestro ritenendo illegittima la contestazione e avanzando istanza di legittimità costituzionale), il loro è un caso-pilota in un settore che in Italia occupa 22.000 lavoratori con un indotto da 2 milioni di euro.
“Per me il danno economico è enorme e va ben al di là del valore dei dieci chili di prodotti sequestrati – spiega Simona Giorgi -. Ho una famiglia, sette dipendenti che adesso non so che fine faranno. Ma ci sono anche gli investimenti già fatti, le tasse che abbiamo pagato allo Stato in anticipo. Siamo imprenditori non narcos”.
Magi e Soldo: “Il decreto è incostituzionale”
A sostenerli Riccardo Magi di + Europa e Antonella Soldo, presidente dell’associazione “Meglio legale”: “La nuova normativa italiana viola il diritto europeo e la sentenza della Corte di Giustizia UE che esclude il principio della cannabis light dalle sostanze stupefacenti. E ogni autorità pubblica ha il dovere di disapplicare immediatamente le norme in contrasto con il diritto europeo. Il Tribunale di Roma può e deve farlo”.
La vicenda giudiziaria dei due giovani imprenditori è la cartina di tornasole del caos di un settore economico che da un giorno all’altro si è ritrovato fuorilegge senza sapere neanche cosa fare. “Cosa dovrei fare dei prodotti che avevo già comprato? Me li porto a casa, li butto in un cassonetto, li brucio? Come dovrei smaltirli – si sfoga Del Ferraro – Ho delle regolari bolle di acquisto e non ho nessuna indicazione su quello che devo fare.