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 2025  giugno 20 Venerdì calendario

Le mani della destra sul teatro: dimissioni shock al ministero

Il caso del teatro La Pergola di Firenze è esploso. Se settimane fa sembrava che il ministero della Cultura volesse attribuire allo stabile un giudizio negativo, adesso è invece orientato per la decisione più drastica: il declassamento. Dunque questa realtà culturale e fiore all’occhiello della città rischia di non essere più un teatro nazionale e di conseguenza potrebbe subire un taglio dei finanziamenti.
Ed è per questa ragione che tre membri su sette della commissione consultiva, che stanzia i fondi per la prosa in Italia, si sono dimessi contestando la volontà della maggioranza di colpire il teatro della Toscana e il suo direttore artistico Stefano Massini.
La questione è politica. Il centrosinistra si muove e si schiera con la sindaca Sara Funaro «in questa sua sacrosanta battaglia per evitare il declassamento», come dice Elly Schlein che considera quanto sta avvenendo «uno sfregio al patrimonio culturale italiano che non si può accettare». La segretaria del Pd rivendica «una cultura che deve essere libera» mentre «ormai la destra l’ha resa solamente una corsa alle poltrone da spartire», e promette: «Contrasteremo questa idea con ogni forza» e «un governo arrogante che vuol punire chi non si allinea».
Bisogna fare un passo indietro per capire la portata della questione. Dopo la lunghissima era di gestione affidata al direttore generale Marco Giorgetti, la sindaca Funaro e il cda della Fondazione teatro della Toscana hanno prima deciso di affidare il ruolo di direttore artistico a Massini, fiorentino e vincitore di due Tony Awards, massimo riconoscimento del teatro mondiale, e poi hanno chiuso il contratto con Giorgetti. Fumo negli occhi soprattutto per il sottosegretario meloniano alla Cultura, Gianmarco Mazzi, che mai ha perso l’occasione per attaccare Massini. «I direttori artistici dei teatri devono essere manager culturali stabili», diceva: «Basta con il teatro di narrazione, incentrato sui monologhisti». Adesso invece nessun commento trapela da via del Collegio romano.
È evidente che nel centrodestra mai nessuno ha visto di buon occhio il direttore artistico, tanto che in un primo momento si pensava che la commissione gli attribuisse un giudizio negativo lasciando però a La Pergola la qualifica di teatro nazionale. Non sarà così. Sui social Massini commenta quanto accaduto parlando «di una pagina gravissima, senza precedenti. Una pagina che mi vede schifato, fino agli urti di vomito. Evidentemente ogni oggettività è tramontata, il personalismo trionfa, e con essi il buon senso di capire la farsa di questa sparatoria da saloon ingaggiata da mesi contro di me, contro il nostro teatro e contro la gente». Resta comunque determinato e convinto del lavoro fatto tanto è vero che oggi a Firenze, in piazza della Signoria, presenterà come daprogramma la stagione 2025/2026 «di un teatro straordinario – scrive – che non merita tutto ciò».
I tre commissari, Alberto Cassani, Carmelo Grassi e Angelo Pastore, con una lettera hanno informato il ministro di aver «constatato l’impossibilità di costruire, all’interno della commissione, un percorso condiviso ed equilibrato nella valutazione degli organismi teatrali richiedenti».
La presa di distanze dei tre componenti, tutti e tre rappresentanti dei territori (Comuni, Province e Regioni) a differenza dei quattro rimanenti, invece di nomina governativa, scatena la bagarre politica. Si indigna per lo «sfregio» a Firenze la sindaca Funaro che definisce «inaccettabile» la decisione, preannunciando controreazioni «in tutte le sedi opportune» e chiedendo spiegazioni al ministro della Cultura. Interviene anche il governatore toscano Eugenio Giani che cita «ilMinculpop».
Tutta l’opposizione anche in Parlamento alza gli scudi: il Pd parla di una vera e propria “rappresaglia” politica e con Avs e M5s chiama il ministro a riferire in Parlamento.
«L’unica interferenza politica è stata la loro e del sindaco Funaro» contrattacca il presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone che insieme al collega di Fdi Alessandro Amorese giustifica il possibile declassamento con alcuni atti portati all’attenzione della governance del teatro. Citazioni, dice il Pd, che dimostrerebbero l’ingerenza politica, visto che fanno riferimento a «informazioni amministrative non pubbliche». Da qui le accuse di un attacco politico e il timore, nel centrosinistra, che il teatro La Pergola possa non essere l’unico ad essere colpito.