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 2025  giugno 20 Venerdì calendario

“Guerra: basi americane in Italia fuori controllo”

C’è grande confusione sotto i cieli bombardati dell’Iran. Anche per le conseguenze che potrebbero esserci per i Paesi Nato nel caso in cui gli Usa decidano di entrare in guerra al fianco di Israele. Un aspetto che riguarda pure l’utilizzo delle basi Nato e di quelle Usa in Italia. Giorgia Meloni è stata prudente: “È prematuro parlarne”. Ma il governo quanto potrà incidere sulle decisioni americane, col conseguente rischio che le basi nel nostro Paese diventino un obiettivo sensibile? Il ministro per i Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani ieri ha assicurato che “qualsiasi coinvolgimento passerà da un voto in Parlamento”. Il ministro della Difesa Guido Crosetto invece ha spiegato: le basi americane in Italia sono disciplinate da un accordo “antico, che prevede che loro possono utilizzarle solo spiegando per cosa le vogliono utilizzare e solo dopo l’autorizzazione del governo italiano. Non è stata ancora chiesta questa autorizzazione”. Alcuni esperti spiegano che potrebbe esserci una via alternativa che non esponga l’Italia: trovare accordi sulla modalità di utilizzo delle basi che però restino segreti, in maniera tale da preservare una nostra rete in Iran fatta di rapporti e di servizi di intelligence, che è la stessa rete che ha permesso di liberare dal carcere di Evin Cecilia Sala in 14 giorni.
Ma procediamo con ordine. C’è un caso in cui l’Italia sarebbe obbligata ad appoggiare gli americani. Il rimando è all’articolo 5 del Trattato Nato del 1949: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse (…) sarà considerato come un attacco contro tutte le parti, e che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse (…) assisterà la parte o le parti attaccate”. Nel caso Israele-Iran però la questione è diversa. Lo spiega il costituzionalista Gaetano Azzariti: “L’articolo 5 non è invocabile, perché impone obblighi solo nel caso un membro sia aggredito, e non è avvenuto. L’Iran non ha aggredito Israele, né tantomeno gli Stati Uniti, semmai è il contrario. Il governo italiano deve dunque far prevalere l’art. 11 della Costituzione: l’Italia ripudia la guerra”.
Ma il sostegno logistico italiano potrebbe arrivare lo stesso. Nel nostro Paese si stimano un centinaio (alcune segrete) tra basi americane, basi Nato e basi italiane che ospitano reparti e materiali degli Stati Uniti. Qualche esempio: Aviano e Sigonella sono basi americane; a Solbiate Olona c’è un centro Nato; a Ghedi c’è un aeroporto italiano con una parte a disposizione di Washington. A loro volta, gli Usa nelle loro basi possono ospitare elementi Nato (vedi Sigonella). Ciascuna base può essere utilizzata in maniera diretta (aerei americani che partono verso l’Iran) o indiretta (come appoggio o per manovre di rifornimento). La giurisdizione nelle basi Nato però è controversa: la convenzione sullo Statuto delle forze (Sofa) stabilisce l’esenzione della giurisdizione dello Stato territoriale che ospita le forze armate dell’Alleanza. Tradotto: vale la giurisdizione americana. Per il professor Azzariti questo potrebbe avere conseguenze preoccupanti: “Le basi Nato sono fuori dal nostro controllo. L’Italia non ha alcuna sovranità su queste basi e questo crea problemi rilevanti e rischi di un loro uso improprio o comunque oscuro da parte degli Usa. Se non vogliamo trovarci davanti a fatti compiuti e gravi violazioni della legalità costituzionale, sarebbe il caso di rimettere in discussione l’uso di queste basi”.
Secondo questo ragionamento, dunque, gli americani potrebbero far partire i loro aerei senza alcuna autorizzazione italiana. Altri esperti nel settore della Difesa però spiegano che l’autorizzazione va data caso per caso: “Se si decide di far partire un aereo, ad esempio da Sigonella, serve l’ok dell’Italia”. Come è avvenuto nel 2016 con l’assenso al decollo dei droni Usa verso la Libia. O ancora nel 2011, quando da Aviano e Sigonella partirono decine di raid sempre sulla Libia. Nel 2003, quando l’America invase l’Iraq, Berlusconi portò la questione in Parlamento, che si espresse su diverse risoluzioni. Risoluzioni, non leggi: l’intesa con gli Usa, spesso riservata, è tra diplomazie e tra governi. Non decide l’Aula. Sempre che, come avvisa Azzariti, poi il governo riesca a avere il controllo su tutto ciò che succede nelle basi.
C’è poi la questione di una sovraesposizione dell’Italia. “Certo siamo lontani, tuttavia per evitare di diventare obiettivi sensibili – spiega un esperto – bisognerebbe procedere sottotraccia, lasciando tutto segreto. Ciò consentirebbe all’Italia anche di non intaccare quella rete di intelligence in Iran che è stata parecchio fruttuosa nel caso di Cecilia Sala”. E aggiunge: “Stavolta gli americani potrebbero decidere di utilizzare basi più vicine all’obiettivo, come quelle del Golfo”.