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 2025  giugno 20 Venerdì calendario

Difesa, Giorgetti all’Eurogruppo: «Regole stupide, vanno aggiornate»

«Aggiornare le regole» sui conti pubblici adeguandole all’emergenza per la sicurezza globale «per evitare che sembrino stupide e senza senso». A pochi giorni dal summit della Nato che sarà chiamato a portare l’obiettivo della spesa pubblica per la difesa al 5% del Pil, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha scelto l’Eurogruppo per mandare un segnale ai partner Ue alle prese con la corsa al riarmo.
Al Mef è balzato agli occhi un paradosso, cioè una disparità di trattamento tra i Paesi (come Italia e Francia) che si trovano dentro la procedura per deficit eccessivo e quelli che, invece, ne sono fuori. Il riferimento è alla clausola nazionale di salvaguardia del Patto di Stabilità: consente a ciascun governo di destinare alla difesa fino all’1,5% di spesa in deficit rispetto al Pil, senza per questo rischiare una procedura Ue per disavanzo eccessivo se sopra il 3%. Finora, però, l’hanno richiesta 16 Stati Ue su 27: tra i grandi solo la Germania, mentre mancano Italia, Francia, Spagna e Paesi Bassi. Secondo Giorgetti, «il problema è che questi aumenti vengono trattati in modo asimmetrico: gli Stati al di fuori della procedura per deficit possono utilizzare la flessibilità ed evitare così una procedura anche con disavanzi superiori al 3%, mentre quelli» (come per l’appunto il nostro) su cui Bruxelles ha già acceso un faro finiscono per «non potere utilizzare la stessa flessibilità e uscire dalla procedura se il loro disavanzo è superiore al 3% a causa della spesa per la difesa».
Insomma, per il titolare di via XX Settembre, «accettare l’invito a incrementare la spesa per la difesa», per come sono scritte le regole, «impedirebbe per sempre la nostra uscita dalla procedura Ue», per cui «è fondamentale trovare una soluzione per aggiornare queste regole all’emergenza che stiamo vivendo per evitare che sembrino stupide e senza senso».
IL PARADOSSO
Il governo italiano contesta, in particolare, che questo approccio non tiene conto del punto in cui si trova uno Stato sotto vigilanza della Commissione. L’Italia, ad esempio, è prossima all’uscita: il Mef, infatti, conta di farlo nel 2026, ma se aumentasse esponenzialmente gli investimenti militari rischierebbe di rimanervi dentro. Giorgetti ne aveva già parlato con gli altri ministri europei e con il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis a margine dei lavori del G7, ma ieri ha posto la questione per la prima volta in maniera ufficiale. Stando così le cose, l’Italia – è il messaggio – non è in condizione di approfittare dell’inedita tolleranza Ue sui conti. Le condizioni per aprire e chiudere una procedura sono diverse, e le seconde sono parecchio più rigide delle prime, ha ammesso Dombrovskis, interpellato sul punto in conferenza stampa. Ma, ha aggiunto il politico lettone, «anche chi è sotto procedura può avvalersi della flessibilità e aggiungere l’1,5%» al proprio deficit: «Ne terremo conto in fase di valutazione». Per l’Italia, però, l’effetto pratico e politico è quello descritto da Giorgetti, ha confermato Dombrovskis: necessariamente, «cambierebbe la data di uscita dalla procedura» e il ritorno alla normalità non arriverebbe più l’anno prossimo.