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 2025  giugno 20 Venerdì calendario

La lobby dell’IA al lavoro su Washington: «Nessuna legge statale per dieci anni»

Le grandi aziende tecnologiche stanno sostenendo una campagna di lobbying per approvare un divieto decennale per gli Stati americani di regolamentare i modelli di intelligenza artificiale: il Financial Times l’ha definita «una mossa controversa che ha diviso il settore dell’intelligenza artificiale e il partito repubblicano di Donald Trump».
«Una moratoria di 10 anni è uno strumento troppo ottuso», secondo Dario Amodei, ceo di Anthropic, che invece ha chiesto alla Casa Bianca e al Congresso di collaborare su uno standard di trasparenza per le aziende di intelligenza artificiale a livello federale, in modo che i rischi emergenti siano resi noti ai cittadini. Amba Kak, co-direttrice esecutiva dell’AI Now Institute, ricorda di aver pensato quando ha sentito parlare per la prima volta della moratoria sulla regolamentazione statale dell’IA, inserita nel “grande, bellissimo disegno di legge” del presidente Donald Trump, che fosse una proposta «assurda». Secondo il testo del disegno di legge, nessuno Stato americano «può applicare alcuna legge o regolamento che disciplini i modelli di intelligenza artificiale, i sistemi di intelligenza artificiale o i sistemi decisionali automatizzati» per un periodo di 10 anni, che inizierebbe lo stesso giorno dell’approvazione del disegno di legge. La disposizione è stata approvata il mese scorso nell’ambito della versione della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti del disegno di legge di bilancio e il Senato americano spera di presentare la sua versione già questa settimana, nella speranza di approvare la legge entro il 4 luglio.
Secondo il quotidiano economico britannico, i lobbisti agiscono per conto di Amazon, Google, Microsoft e Meta. Chip Pickering, ex membro del Congresso e lobbista che ha fondato l’AI Competition Center (AICC) nel 2024 per fare pressione su legislatori e autorità di regolamentazione è convinto che «questa sia la politica giusta al momento giusto per la leadership americana. Ma è altrettanto importante nella corsa contro la Cina». All’inizio dell’anno, la divisione cloud di Amazon e Meta si sono unite al sottogruppo AICC, mentre i dibattiti sulle normative sull’intelligenza artificiale si intensificavano e l’UE introduceva una serie di misure per controllare il settore.
Alphabet, la società madre di Google, Meta Platforms, Microsoft e Amazon non hanno espresso una posizione ufficiale. Unica voce contraria, quella di Amodei di Anthropic, secondo il quale «una moratoria ci offrirebbe il peggio di entrambi i mondi: nessuna possibilità per gli Stati americani di agire e nessuna politica nazionale di salvaguardia». I contorni di base del dibattito vedono da una parte molti repubblicani e leader del settore tecnologico, tra cui Sam Altman, ceo di OpenAI, ritenere che la moratoria eliminerà la frammentata regolamentazione statale in materia di intelligenza artificiale, che potrebbe ostacolare le aziende statunitensi in competizione con rivali come i cinese produttori del modello IA, DeepSeek. Altman, ha dichiarato in un’audizione al Senato il mese scorso che sarebbe «disastroso» per gli Stati Uniti insistere affinché le aziende tecnologiche rispettino determinati criteri, come la trasparenza e la sicurezza, prima del lancio, come potrebbe presto accadere nell’Unione Europea con il suo nuovo AI Act. Una posizione opposta anche in questo caso, a quella espressa dal Ceo di Anthropic, Amodei che ha invece chiesto uno standard federale di trasparenza, che obblighi le principali aziende di intelligenza artificiale a «divulgare pubblicamente sui propri siti web come intendono testare e mitigare i rischi per la sicurezza nazionale e altri rischi catastrofici. Dovrebbero anche essere trasparenti sulle misure adottate, alla luce dei risultati dei test, per garantire la sicurezza dei loro modelli prima di renderli pubblici».
Molti democratici e ricercatori di intelligenza artificiale, dall’altra parte, sono persuasi che metterà in ginocchio un’ampia gamma di normative tecnologiche, spianando la strada a sistemi di intelligenza artificiale ancora meno controllabili di quelli odierni. Inoltre, chi è critico verso la moratoria di 10 anni, di fatto, è convinto che le Big Tech mirino a garantire il loro predominio nella corsa alla creazione di un’intelligenza artificiale generale, l’AGI, generalmente intesa come in grado di superare le capacità umane nella maggior parte degli ambiti. «Si tratta di un tentativo di accaparramento di potere da parte dei colossi della tecnologia di concentrare ancora più ricchezza e potere», ha affermato Max Tegmark, professore al MIT e presidente del Future of Life Institute, un’organizzazione no-profit che si batte per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale.
«L’innovazione responsabile non dovrebbe temere leggi che vietano pratiche irresponsabili», ha affermato Asad Ramzanali, direttore delle politiche in materia di intelligenza artificiale e tecnologia presso il Vanderbilt Policy Accelerator della Vanderbilt University.
Il Financial Times ha messo in luce un altro nodo strettamente politico: quei repubblicani che spingono per l’inclusione della proposta della moratoria di 10 anni stanno cercando di capire se sia conforme alle regole del Senato, che impongono che ogni disposizione debba avere un impatto sul bilancio per essere inclusa in un cosiddetto disegno di legge di “riconciliazione di bilancio”. In pratica, il partito repubblicano usa questa tattica per poter approvare il disegno di legge senza i voti dei democratici.