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 2025  giugno 19 Giovedì calendario

Abuso d’Ufficio: l’Italia rischia il Ko in europa

C’era già una conferenza stampa convocata alle 9 e 30 di martedì al Parlamento europeo di Strasburgo per presentare la direttiva anti-corruzione europea. A fare il briefing per la stampa sarebbe dovuta essere l’eurodeputata di Renew, Raquel Garcia Hermida van der Walle. Ma poi l’appuntamento è stato cancellato: l’accordo in Trilogo (il negoziato a tre tra Eurocamera, Commissione e Consiglio europeo) non è arrivato, come invece sembrava scontato solo la sera prima. A fermarlo, una minoranza di blocco, composta da Italia e Germania. Motivo? Nella direttiva anche l’“abuso d’ufficio” era tra le definizioni di corruzione che verrebbero considerate reato in tutta l’Ue. Un reato obbligatorio secondo il testo. Un bel problema per il governo italiano che proprio quel reato ha voluto abolire, tra i proclami del Guardasigilli, Carlo Nordio. La Germania, dal canto suo, non ha un articolo specifico nel suo codice penale. E dunque, in questa battaglia sarebbe allineata all’Italia.
A darne notizia per prima è stata la newsletter Euractiv. Che riporta le dichiarazioni di Van der Walle: “Invitiamo gli Stati membri a riconsiderare la loro posizione e a fare ogni sforzo per raggiungere un buon accordo nei prossimi giorni”. Ha aggiunto che i Paesi stanno spingendo “quasi all’unanimità” per una legge forte.
La presidenza polacca, che lunedì si è resa conto di non avere l’unanimità, si è impegnata a cercare di arrivare a un sì al testo così com’è. Dunque, la trattativa va avanti: un momento di svolta potrebbe esserci già al Coreper di domani (la riunione dei Rappresentanti permanenti degli Stati membri), che in questo caso per arrivare a un accordo ha bisogno di una maggioranza qualificata (è necessario che un gruppo di paesi che rappresentano almeno i due quinti della popolazione dell’Ue, e che sono almeno 15 su 27, votino a favore). E c’è da scommettere che Giorgia Meloni stia facendo il possibile per trovare una maggioranza a favore di un compromesso (difficile per il governo italiano dire no al testo nel suo complesso). E dunque per aumentare la minoranza di blocco.
La direttiva anti-corruzione era stata proposta dalla Commissione europea durante la scorsa legislatura, il 3 maggio del 2023, quattro mesi dopo il Qatargate. Il suo obiettivo sarebbe quello di armonizzare le sanzioni penali tra gli Stati membri, guidare i governi nell’istituzione di organismi anti-corruzione e ampliare la portata di ciò che viene considerato corruzione. Mira, dunque, a garantire che tutti gli Stati membri abbiano leggi simili in materia di corruzione, rendendo obbligatori i reati previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione nel diritto dell’Ue.
Sarebbe poi un importante segnale politico. Tanto per fare un esempio recente, la Procura belga ha chiesto a marzo la revoca dell’immunità per le eurodeputate dem Elisabetta Gualmini e Alessandra Moretti, proprio nell’ambito del Qatargate. Ma Strasburgo non ha ancora votato, anche se sono passati quasi quattro mesi.
La direttiva che dovrebbe essere approvata definisce i reati e le sanzioni associati alla corruzione. Parallelamente, prevede misure preventive e regole per indagini e azioni penali più efficaci. La legge obbliga tutti i Paesi Ue a perseguire penalmente gli stessi atti di corruzione e a definirli allo stesso modo: corruzione nel settore pubblico e privato, appropriazione indebita, traffico di influenze, intralcio alla giustizia e arricchimento derivanti da reati di corruzione. In pratica tutti i Paesi Ue saranno obbligati a considerare come un crimine gli stessi atti di corruzione, a definirli nello stesso modo e a punirli con una detenzione minima compresa tra i 2 e i 4 anni, a seconda del reato.
L’intenzione è quella di includere anche l’abuso d’ufficio (al punto 11 del testo) tra tali atti di corruzione. Nel testo si legge: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia punibile come reato la condotta seguente, se intenzionale: 1) l’esecuzione o l’omissione di un atto, in violazione delle leggi, da parte di un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo; 2) l’esecuzione o l’omissione di un atto, in violazione di un dovere, da parte di una persona che svolge a qualsiasi titolo funzioni direttive o lavorative per un’entità del settore privato nell’ambito di attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o commerciali al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo”.
L’anno scorso, il 14 giugno, il Consiglio europeo sulla Giustizia si era riunito per licenziare una posizione e dare il via ai negoziati (che si sarebbero dovuti concludere lunedì notte). In quell’occasione Nordio si era detto certo che la posizione italiana sull’abuso d’ufficio non sarebbe entrata in conflitto con la Commissione europea. Più volte si è spinto a dichiarare che l’Europa avrebbe accolto “la nostra proposta di rendere facoltativo, e non più obbligatorio, il mantenimento di questo reato”, valutando sufficiente l’“arsenale normativo penale di ben 17 articoli contro la corruzione”. L’Europa aveva parlato chiaro, svariate volte, dicendo che si sarebbe trattato di depenalizzare un’importante forma di corruzione. Nel luglio del 2023, nel report annuale sullo Stato di diritto, si leggeva che le proposte di modifica contenute nella riforma Nordio “depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero compromettere l’efficace individuazione e lotta alla corruzione”.
Nonostante i negoziati in corso e la netta posizione dell’Europa, il governo italiano è andato avanti, anche successivamente a quella riunione del Consiglio. Il 10 luglio dell’anno scorso, la Camera ha approvato il disegno di legge Nordio, che conteneva l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Una riforma che Meloni ha rivendicato. E che a maggio la Consulta non ha dichiarato incostituzionale.
Se l’Europa dovesse però approvare la direttiva così com’è, il governo sarebbe costretto a tornare sui suoi passi e a reintrodurre il reato. Motivo per cui questi sono giorni di trattative febbrili. Peraltro tutte sotto traccia. L’Italia sta cercando di ampliare un fronte disponibile a modificare la direttiva sul punto contrastato, chiedendo di inserire una sorta di raccomandazione. Che è ben diversa dall’obbligatorietà.