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 2025  giugno 19 Giovedì calendario

Migliaia in piazza Buenos Aires per sostenere l’ex presidente Cristina Fernández: “Punita per l’eredità politica”

Il peronismo è tornato in piazza per sostenere l’ex presidente dell’Argentina Cristina Fernández de Kirchner, condannata per amministrazione fraudolenta ai danni dello Stato a sei anni di carcere e all’interdizione a vita dai pubblici uffici. Mercoledì 18 giugno a Plaza de Mayo a Buenos Aires, migliaia di persone hanno manifestato per appoggiare la leader del Partito Giustizialista che ha iniziato a scontare la pena agli arresti domiciliari. Kirchner non potrà presentarsi come candidata alle elezioni della provincia di Buenos Aires di settembre e alle legislative di ottobre.
La sentenza, emessa dalla Corte suprema, ha messo a tacere, per il momento, le differenze del movimento peronista, ancora scosso dalla sconfitta alle presidenziali del 2023 e indebolito dalle correnti interne. “Torneremo”, ha affermato Kirchner in un messaggio registrato nel suo appartamento e diffuso dagli altoparlanti della piazza. “Possono rinchiudere me, ma non potranno mai rinchiudere tutto il popolo argentino. Non mi lasciano candidare perché sanno che perderebbero. Oggi è il momento di dimostrare che difenderemo la democrazia con gli stessi strumenti con cui l’abbiamo costruita. Lo faremo senza violenza ma con coraggio”, ha concluso.
Cristina Kirchner è una delle indiscusse protagoniste della politica del Paese degli ultimi trent’anni. La sua figura ancora si inserisce nella “grieta”, la frattura che attraversa la società argentina e la divide a metà: una parte la considera una “chorra“, una ladra che ha sprecato il denaro pubblico, e una rappresentante populista della decadenza nazionale. L’altra la continua a sostenere per le riforme a favore delle classi più vulnerabili e per avere implementato lo Stato sociale, quando è stata presidente per due mandati. “Durante i suoi governi, l’Argentina era un Paese inclusivo e avanguardista nella difesa dei diritti umani. Ricordo i sussidi destinati alle famiglie a basso reddito e la moratoria previdenziale che permetteva alle persone che non hanno versato i contributi sufficienti di andare in pensione, in particolare le donne e chi svolge lavori informali”, commenta al Fattoquotidiano.it Milka Cuberli, tra le persone presenti in piazza. “Sostengo Kirchner perché è stata punita per la sua eredità politica”.

Kirchner è stata condannata nel “caso Vialidad” per aver arrecato danni allo Stato argentino per circa 500 milioni di dollari attraverso l’assegnazione irregolare di 51 appalti pubblici per la costruzione di strade a Santa Cruz, provincia della Patagonia considerata un feudo del kirchnerismo. Gli appalti erano stati dati a un imprenditore vicino alla sua famiglia, Lázaro Báez, che secondo l’accusa ha beneficiato di prezzi eccessivi e di pagamenti anticipati. Per i giudici, i profitti ottenuti “in modo improprio dall’imprenditore erano destinati alle aziende di famiglia dell’ex presidente” anche se questo è oggetto di indagini che sono ancora in corso.
La prima denuncia risale al 2008, quando Kirchner era alla Casa Rosada e il caso si è aperto nel 2016 quando il governo del conservatore Mauricio Macri aveva presentato un’ulteriore denuncia. La condanna in primo grado è stata emessa nel 2022 ed è stata confermata nel 2024 da una corte d’appello. Martedì scorso, i tre giudici della Corte suprema -Horacio Rosatti, Ricardo Lorenzetti e Carlos Rosenkrantz- hanno respinto tutti i ricorsi della difesa e confermato una sentenza che, a loro avviso, si basa sulle “ampie prove prodotte” e non viola le garanzie costituzionali. A Kirchner viene fatta risalire la responsabilità di avere approvato un decreto che autorizzava la Direzione nazionale delle strade (organo statale responsabile della gestione e manutenzione delle infrastrutture stradali, dipendente dal ministero dei Trasporti) ad accedere a fondi pubblici per realizzare cantieri nel Paese. Tramite il decreto, sarebbero stati agevolati i pagamenti per i lavori contestati all’imprenditore amico.
Per i giudici la ex presidente non poteva non essere a conoscenza di questi movimenti, anche se la sua partecipazione diretta non è stata provata. Per gli avvocati di Kirchner, che si rivolgeranno ai tribunali internazionali, il processo è stato pieno di irregolarità e non ci sono prove che la coinvolgano direttamente in alcun crimine. Una delle principali argomentazioni è che i tre giudici che hanno emesso la sentenza non sarebbero imparziali perché hanno avuto diversi incontri con l’allora presidente Macri e con membri del suo partito. “Non è un vero processo ma una causa politica contro il peronismo”, commenta Sol Tosar anche lei in Plaza de Mayo. Per i kirchneristi, l’ex presidente è vittima di “lawfare” e la sua condizione è paragonabile a quella del presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, incarcerato tra il 2018 e il 2019 e poi assolto.
La stampa argentina ha ampiamente commentato la vicenda che continua a riempire le prime pagine. La Nación e il Clarín, giornali conservatori, hanno parlato di una sentenza storica perché per la prima volta un ex presidente è condannato in via definitiva dalla Corte suprema e viene interdetto a vita dai pubblici uffici. Per Página12, quotidiano progressista, si tratta invece di “una punizione politica” e di un processo strumentalizzato per impedire a Kirchner di candidarsi. Revista Anfibia parla della sindrome del “sentirsi orfani”: Kirchner ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale per un ampio settore della popolazione, creando un’identità politica progressista dopo la crisi del 2001. La sua esclusione dalla competizione elettorale lascia un vuoto nel peronismo, privando il movimento della sua leader carismatica e di un chiaro punto di riferimento. Il dibattito ora riguarda proprio le strade che si possono aprire: la sentenza ha già riattivato una dinamica di unità interna in un movimento finora frammentato, stanco e in difficoltà nel rispondere al governo di Javier Milei. Le incognite rimangono ancora molte.