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 2025  giugno 19 Giovedì calendario

La Svezia abolisce le galline in gabbia mentre l’aviaria minaccia gli allevamenti intensivi

Mentre si attende la proposta della Commissione europea per porre fine alle gabbie in modo graduale in tutti gli allevamenti dell’Ue, la Svezia è diventata il primo paese al mondo senza più galline allevate in gabbia. E, intanto, l’Open Wing Alliance, coalizione globale di quasi cento organizzazioni, pubblica in 37 Paesi la più grande inchiesta mai condotta sugli allevamenti intensivi di galline ovaiole, documentando le gravi condizioni e i rischi per la salute, nel mezzo della crisi globale dell’influenza aviaria. Solo pochi giorni fa la Fao ha pubblicato il suo rapporto di previsione, esaminando l’impatto della malattia in tutto il mondo e spiegando che “è diventata una delle minacce biologiche più significative per il settore avicolo globale”, colpendo più di 173 milioni di polli solo negli Stati Uniti d’America dal 2022 e innescando costi di gestione dell’epidemia e di indennizzo degli allevatori superiori a 1,4 miliardi di dollari alla fine del 2024. Ma l’impatto dell’aviaria sulla produzione alimentare riguarda principalmente il settore delle galline ovaiole, poiché i polli da carne hanno un ciclo di produzione più breve e sono generalmente allevati in sistemi di stabulazione chiusi.
In Svezia non ci sono più galline allevate in gabbia (e c’è riuscita senza divieti) – “La Svezia ci dimostra che un mondo senza gabbie è possibile. Questo straordinario risultato, ottenuto senza un divieto di legge, ma grazie a un lavoro instancabile di pressione pubblica e cambiamento aziendale, ci ricorda che il potere del cambiamento è nelle nostre mani” racconta Matteo Cupi, direttore esecutivo Animal Equality Italia. Dopo 50 anni di attività di sensibilizzazione politica, dialogo con le aziende, campagne pubbliche e sforzi internazionali, il paese scandinavo ha infatti raggiunto questo risultato senza l’introduzione di un divieto legislativo, ma attraverso un lavoro costante e lento di transizione verso il cage-free” racconta Animal Equality, impegnata a sostenere l’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, che dovrebbe portare a un divieto progressivo e totale delle gabbie in tutta l’Unione europea. La proposta legislativa, inizialmente promessa per il 2023, è stata posticipata dalla Commissione europea al 2026. La ntizia che arriva dalla Svezia, invece, è confermata dai dati statistici delle autorità regionali e dell’industria raccolti da Project 1882, la principale organizzazione per la tutela degli animali allevati a scopo alimentare in Svezia. Nel 1988, infatti, il Parlamento svedese ha vietato l’allevamento in gabbia ma, al termine del periodo di transizione decennale previsto per legge, l’industria delle uova non aveva ancora eliminato le gabbie. Di conseguenza, la legge è stata modificata e l’uso delle gabbie nella produzione di uova è continuato. Tuttavia dal 2008, oltre 85 aziende (dai rivenditori alle catene di hotel e ristoranti) hanno preso posizione contro le uova da allevamenti in gabbia a seguito di discussioni intercorse con Project 1882. Questi impegni aziendali hanno giocato un ruolo cruciale nell’eliminazione progressiva delle gabbie dalla produzione di uova in Svezia. Dal 2008, a più di 17 milioni di galline è stata risparmiata una vita dietro le sbarre.
L’inchiesta mondiale sugli allevamenti intensivi di galline ovaiole in gabbia – Nel frattempo, l’inchiesta coordinata dall’Open Wing Alliance documenta le condizioni e rischi per la salute pubblica che derivano dagli allevamenti e dalle gabbie. Le immagini, che per l’Italia sono diffuse dal team investigativo di Food for Profit, sono state girate in Paesi di tutti i continenti. “Dal Nord America all’Asia, dall’Europa all’Africa, fino al Sud America e all’Australia: nessun Paese e nessuna azienda che utilizza gabbie può considerarsi al di fuori di questo sistema. Le immagini raccolte raccontano una realtà sconvolgente – spiega Food For Profit – galline rinchiuse in gabbie sporche e sovraffollate, costrette a vivere tra carcasse in decomposizione, senza alcuna possibilità di esprimere comportamenti naturali, come aprire le ali o semplicemente stare in piedi. Lo spazio a disposizione è ridotto al minimo. Ogni animale infatti ha a disposizione una superficie inferiore a quella di un iPad”. Alcune galline vengono trovate vive tra pozze di letame, altre ferite, visibilmente stressate e malate, incapaci di muoversi. Non solo. Dall’Australia agli Stati Uniti, i prezzi delle uova sono alle stelle, come confermato nei giorni scorsi dalla Fao. Secondo gli autori dell’inchiesta, industria dà la colpa all’influenza aviaria “ma prove sempre più numerose suggeriscono una possibilità più inquietante: alcune aziende produttrici di uova potrebbero aver usato l’epidemia come comoda copertura per speculazioni sui prezzi”.
Una bomba a orologeria – Questi allevamenti rappresentano un pericolo concreto per la salute collettiva. Gabbie sovraffollate, stress cronico, scarsa igiene: il terreno ideale per la diffusione di virus zoonotici come l’influenza aviaria, oggi presente in ogni continente e trasmissibile all’essere umano. “Tutto il mondo è paese. E no, non si tratta di casi isolati: nessun allevamento che utilizza le gabbie può dirsi al sicuro” racconta la giornalista Giulia Innocenzi. Nel frattempo, i produttori usano la crisi sanitaria e l’inflazione per giustificare prezzi record, continuando a incassare fondi pubblici: “Ci troviamo davanti a una crisi globale. A pagarne il prezzo sono gli animali, l’ambiente e la salute pubblica, mentre l’industria continua a guadagnare”.