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 2025  giugno 19 Giovedì calendario

Trump-Musk, un altro spazio: è divorzio dalla Nasa. Ridimensionato il ruolo di Starlink nel Golden Dome

Nei primi tre mesi dell’amministrazione Trump non passava giorno in cui Elon Musk non pubblicasse un post o rilasciasse una dichiarazione sulla sua visione del programma spaziale degli Stati Uniti.
Alcune uscite hanno più a che vedere con la politica che con l’esplorazione dello spazio, come la sua fissazione di chiudere la Stazione spaziale internazionale: «Dovremmo portarla a Terra in due anni, deciderà il presidente ma io gli ho dato questo consiglio».
Altre affermazioni sconfinano nella fantascienza e riflettono, come nel caso di altri oligarchi, una passione per certi immaginari letterari. «Diventeremo una specie multiplanetaria», «manderemo l’uomo su Marte entro il 2029», e ancora «all’inizio dovresti vivere in una cupola, ma con il tempo potresti terraformare Marte per farlo assomigliare alla Terra e alla fine camminare all’aperto senza indossare nulla. Insomma, è un pianeta che ha bisogno di qualche lavoretto». Frasi ripetute per anni, anche se la comunità scientifica continua a considerarle più vicine alla fiction che alla realtà. 
IL NODO
Ma al di là delle visioni di Musk, il nodo centrale del dibattito di queste settimane riguarda il fatto che l’ambizione dell’uomo più ricco del mondo di rendere sé stesso e SpaceX, la sua azienda aerospaziale, sempre più cruciali per la Nasa, sembra in fase di declino. 
IL CASO
Tutto è esploso dopo un’accesa disputa sui social media tra Trump e Musk, maturata nel tempo e scaturita da crescenti tensioni tra l’amministrazione e il maggiore finanziatore del partito repubblicano e del movimento Maga: Musk ha infatti donato circa 300 milioni di dollari per sostenere la campagna presidenziale di Trump e altri candidati di destra allineati con i Maga in tutto il Paese. I segnali sono evidenti: poco dopo il diverbio, Trump ha ritirato la candidatura della persona che, su indicazione di Musk, aveva scelto per guidare la Nasa. Jared Isaacman, miliardario molto vicino a Musk e a SpaceX, non sarà più il direttore dell’agenzia; secondo fonti della Casa Bianca, ciò dipenderebbe dal suo vecchio sostegno ai democratici. 
Tuttavia, la questione appare più articolata: Trump avrebbe anche chiesto alla sua squadra di riesaminare tutti i contratti stipulati da SpaceX con la Nasa, accordi in vigore da anni, ben prima del suo arrivo alla presidenza, che hanno reso l’azienda di Musk quasi insostituibile per le attività dell’agenzia spaziale statunitense, contribuendo nel frattempo alla sua fortuna economica. 
LA PROSPETTIVA
Parallelamente, il Pentagono starebbe valutando di ridurre il coinvolgimento di SpaceX nel Golden Dome, un nuovo programma di difesa missilistica voluto da Trump, a cui avrebbero dovuto partecipare anche Starlink, l’impresa di satelliti di Musk, Palantir, la società di analisi dati fondata da Peter Thiel, e infine il produttore di droni Anduril. Un disimpegno da parte della Nasa nei confronti di Musk e delle sue aziende non sarebbe tuttavia privo di conseguenze: come già detto, SpaceX è profondamente integrata nei processi operativi dell’agenzia, e un taglio netto ai contratti rallenterebbe diverse missioni già pianificate, oltre a compromettere i rifornimenti alla Stazione spaziale internazionale. 

Attualmente, l’azienda ha intese governative per un valore di quasi 5 miliardi di dollari e un accordo firmato nel 2023 per portare sulla Luna la prima donna e la prima persona afroamericana. Secondo i dati delle spese federali, negli ultimi dieci anni SpaceX ha ricevuto 18 miliardi di dollari dal governo degli Stati Uniti, di cui 13 miliardi solo dalla Nasa. 

Intanto, un’inchiesta del Washington Post – quotidiano di proprietà di Jeff Bezos, che controlla anche l’azienda rivale Blue Origin – riferisce che la Nasa e il Pentagono stanno esplorando alternative a SpaceX, sollecitando altri gruppi americani ad accelerare la produzione di razzi e sistemi in grado di soddisfare gli standard attuali. Tra i soggetti coinvolti ci sarebbero proprio Blue Origin ma anche Rocket Lab, Stoke Space e Boeing. Sempre secondo il Post, sarebbero già avvenuti contatti telefonici per verificare la disponibilità delle tre aziende a svolgere missioni per conto dell’agenzia. 

Non è una novità: sin dalla sua nascita, nel luglio del 1958 per volere del presidente Dwight Eisenhower, la Nasa ha collaborato con soggetti privati, e circa l’85% del suo bilancio annuale è destinato a realtà esterne. Ma l’ingresso di SpaceX e la conquista di una quota quasi monopolistica delle operazioni rappresentano un salto di paradigma. Questo nonostante i dubbi che già in passato alcuni funzionari dell’agenzia avevano espresso sul conto di Musk: nel 2018 fu avviata un’indagine interna sugli standard di sicurezza di SpaceX, dopo che Musk era apparso in un’intervista fumando marijuana con Joe Rogan. 
Tuttavia, l’inchiesta si arenò quando Musk minacciò di interrompere i rifornimenti alla Stazione spaziale internazionale, progetto in cui il governo americano ha investito 100 miliardi di dollari. Oggi, però, lo scontro con Trump sembra aver riacceso i timori, sia tra varie agenzie federali che tra esponenti del Congresso, riguardo alla crescente dipendenza della Nasa da SpaceX. E come ha dichiarato Todd Harrison, analista dell’American Enterprise Institute, il rischio è che «la Stazione spaziale sia tenuta in ostaggio da Musk e i programmi spaziali siano sottoposti ai suoi capricci sul suo social media X».