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 2025  giugno 19 Giovedì calendario

Le ville pontificie di Castel Gandolfo

Ai Castelli si festeggia, i Papi tornano a villeggiare in quei luoghi ameni nei pressi del lago di Albano, che, snobbati da Francesco, che non vi trascorse mai una notte preferendo anche nella bella stagione la prediletta Casa Santa Marta, avevano assorbito ancora di più una certa mestizia propria di ogni regione lacustre. E invece, un po’ a sorpresa – ma non troppo, Prevost è di Chicago, porta nel sangue tracce di turista in Italia, se non siamo blasfemi, ma come vedremo nel suo caso non è poi un male… – il nuovo pontefice Leone XIV trascorrerà parte dell’estate a Castel Gandolfo.

L’agenda è la seguente: il 6 luglio il Papa si trasferirà nelle Ville Pontificie che il suo predecessore, con un atto più di presa di distanza che di omaggio, aveva reso nel 2016 polo museale. Domenica 13 si terrà la messa nella parrocchia pontificia di San Tommaso da Villanova e l’Angelus in piazza della Libertà, poi il 20 una celebrazione nella cattedrale di Albano e, nel pomeriggio, il rientro in Vaticano. Poiché in quel periodo The American Pope sarà a tutti gli effetti in ferie, per l’intero mese saranno sospese udienze private e generali, che riprenderanno il 30 luglio. Anche ad agosto è prevista una sortita papale a Castel Gandolfo, dal 15 al 17.
Un bel cambio di passo rispetto alla pratica Bergoglio che, con l’apertura al pubblico del museo delle Ville Pontificie – a proposito, forse non tutti sanno che, dichiarate beni inalienabili dalla Santa Sede all’inizio del Seicento, sono tre disposte in un’area di circa 55 ettari: il Palazzo Pontificio, Villa Cybo e Villa Barberini; già servite da 60 dipendenti che si occupavano della manutenzione e dei giardini, con la “cura Bergoglio” lo staff è dimagrito a 20 persone; vedremo se Prevost tornerà ai fasti di un tempo –, aveva consentito anche la degustazione dei prodotti agricoli delle Ville medesime. Se vi venisse in mente l’orrenda parola “agriturismo”, ebbene, noi non vi biasimeremo.
Se Bergoglio, dunque, in nome di una certa sua idea di sobrietà, di morigeratezza – nessuno ammetterà mai che un Papa, invece, potrebbe legittimamente non avere gradito un certo luogo, per umanissime ragioni di gusti e inclinazioni – si teneva alla larga da Castel Gandolfo, e se il suo predecessore, Benedetto XVI, invece lo frequentava (ed è lì che si trasferì per alcuni mesi subito dopo la clamorosa abdicazione del febbraio 2013) ma, come in ogni cosa che faceva, con poco calore, quasi come fosse soprattutto un suo diritto da difendere, la residenza estiva ai Castelli, un attributo proprio dell’autorità pontificia che sarebbe stato di cattivo gusto ignorare o respingere, uno sgarro alla tradizione cui tanto era legato, Prevost invece, con lo slancio e l’immediatezza della sua patria, sembra volere andare lì in corpo e spirito, carne, ossa e cuore. Entusiasta come un bambino. Al punto che viene da pensare che forse, tra i tre ultimi Papi, sarà proprio Leone XIV il più diretto, il più semplice, il meno ambiguo, il meno contorto.
Si è detto che Francesco, dopo Ratzinger, doveva riavvicinare la Chiesa all’uomo comune. Ma diciamo la verità: chi meglio di un americano di Chicago sa cos’è un “common man”? E allora, proprio come un uomo normale, Leone XIV ha risposto alla domanda che soffiava come un vento caldo dai fedeli, e come il titolo di un film di cassetta: “Dove vai in vacanza”? Tutti si auguravano che avrebbe scelto Castel Gandolfo, e lui non li ha delusi. Proprio come le persone normali tornano sempre alla stessa spiaggia, allo stesso mare, alle stesse comitive.
Certo, le analogie con il “common man” finiscono qui, perché anche chi ha la fortuna di sollazzarsi in qualche villone tirrenico o nelle ormai inflazionatissime catapecchie chic nelle isole greche, francamente, non può proprio competere con la storia, l’architettura, la possanza, la bellezza delle Ville Pontificie. C’è una bella differenza tra prenotare le proprie vacanze, immancabilmente esclusive e paradisiache e illusoriamente lontane dall’overtourism, su Airbnb o Booking, come tutti i poveracci del capitalismo turistificato, e all’opposto passare le ferie come farà Sua Santità. Anche in questo, però, ci sembra che Prevost fiuti meglio di molti altri il suo tempo.
Questo ritorno del Papa a Castel Gandolfo, come ogni atto di un pontefice, è un simbolo che ha il potere di influenzare quelle che un tempo si chiamavano masse (e che, sinceramente, sono tornate). Decrittare il simbolo (che è sempre un concentrato di tante, e ambigue cose) non è facile, ma sui due piedi diremmo: ma quali viaggi, quali aerei, quale turismo in capo al mondo, vado alle mie tenute fuori porta che, tra l’altro, sono meravigliose. Non per niente nei secoli le abbiamo contese ai baroni romani medievali e rinascimentali, poi al neonato Regno d’Italia…
Che ognuno, insomma, impari a vedere i “Palazzi Pontifici” che ha dietro casa, i loro giardini, le loro opere d’arte, entrando profondamente nella loro storia e nelle molteplici stanze che credeva di conoscere (perché non doveva prendere un Boeing per vederle) e invece ignora, piuttosto che fare il giro del mondo – magari in 80 giorni! – in 8 giorni non vedendo in realtà assolutamente nulla, non capendo assolutamente nulla, non imparando altro che l’equivalente locale del proprio turpiloquio.
Ora, però, una raccomandazione ai fedeli di tutto il mondo: non siate zelanti, non andate in massa a Castel Gandolfo, voi con i vostri “gruppi”: ricordate il passo di San Paolo? La lettera uccide, lo spirito vivifica.