Avvenire, 19 giugno 2025
E gli scacchi si scoprono giovani
Negli ultimi anni gli scacchi hanno smesso di essere percepiti come un’attività elitaria o di nicchia e sono diventati parte di un fenomeno di massa più popolare e globale. La pandemia ha favorito il boom del gioco online, con milioni di persone che si sono riversate su app e piattaforme, riscoprendo gli scacchi come passatempo, ma anche il mondo della cultura ha contribuito: da una parte con la fortunata serie Netflix La regina degli scacchi, che ha rilanciato un’immagine romantica del gioco, dall’altra con il quarto romanzo dell’autrice irlandese da milioni di copie Sally Rooney, che nel suo ultimo libro, Intermezzo (Einaudi), ha tra i protagonisti uno scacchista. Non solo, però, sui social impazzano streamer e youtuber che parlano di scacchi con un linguaggio accessibile, e lo stesso mondo della moda e della pubblicità ha colto il fascino visivo e concettuale degli scacchi, usandone l’immaginario per campagne e collezioni. Il gioco sta poi entrando sempre di più anche nelle scuole, che lo adottano come strumento formativo. È a partire da questi presupposti che siamo andati a indagare le ragioni e le direzioni di questo mutamento di percezione degli scacchi interrogando diverse generazioni di giocatori e non solo. Per Luca Moroni (2000), scacchista, youtuber, grande maestro, campione italiano nel 2017, 2022 e 2023, gli scacchi non erano gli stessi quand’era bambino: «All’epoca – ci dice – non erano come il basket, il calcio, il tennis o la pallavolo. In Italia siamo forti in tanti sport, e gli scacchi non erano certo tra i più popolari. Oggi la situazione è cambiata. Al cambiamento ha contributo molto l’online, che ha avuto un impatto enorme. Io per esempio ho un canale YouTube e un canale Twitch, dove trasmetto circa due ore al giorno. Propongo vari contenuti: le mie partite, quelle di altri, analisi. Il format principale si chiama “La mia carriera”: lì porto le partite dei tornei che gioco e le commento. Racconto cosa penso, i dubbi che ho, come ragiono durante il gioco. Credo di essere il primo grande maestro a farlo in questo modo. Il canale è pensato per tutti, anche per chi ha appena iniziato». E sempre a proposito di online, Moroni aggiunge: «I motori scacchistici per noi professionisti sono fondamentali. Hanno trasformato gli scacchi da arte a sport. Prima si dovevano trarre conclusioni da soli, ora il computer ti dice la mossa giusta e puoi capire il perché. Certo, si è perso un po’ di romanticismo, e c’è il rischio che si limiti la creatività. Ma se usato bene, come supporto e non come soluzione definitiva, resta uno strumento eccezionale».
Diversi sono la storia e l’approccio del cinque volte campione italiano di scacchi Michele Godena (1967). Per Godena, che ha iniziato a giocare a 5 anni ai tempi dello storico match tra Spassky e Fischer del 1972, serve equilibrio tra uomo e macchina. «Sono nato e cresciuto – spiega – in un’epoca analogica, mentre i giovani di oggi nascono “tecnologici”. A volte cerco di spronare i miei allievi a guardare gli scacchi in modo diverso: più lento e profondo. Riconosco che il computer ha rivoluzionato il gioco, rendendolo meno dogmatico, ma allo stesso tempo ha introdotto una certa passività nello studio: si aspetta la risposta dalla macchina, anziché cercarla con la propria testa. Il computer è utilissimo per approfondire rapidamente, ma per me è inconcepibile che l’imperfezione, lo sbaglio, la fase creativa, non siano più considerate come la parte più bella e divertente del gioco. Le “sliding doors”, le scelte fatte o non fatte, per me sono il vero fascino degli scacchi. Bisogna spingere i giovani a usare la propria testa, a trovare piacere nel pensiero, e a rispettare l’etica sportiva senza scorciatoie. Tuttavia oggi la crescita è rapidissima anche grazie ai motori e alle ore di studio. Il gioco è diventato più dinamico. L’attività dei pezzi conta ormai più del materiale. In passato eravamo più dogmatici su concetti come le debolezze o le impedonature. Oggi, grazie ai motori, si è più aperti e meno ancorati a idee rigide. Oggi – prosegue – si vedono aperture più complesse da ricordare, con preparazioni che una volta erano impensabili. È frutto di studio intensivo e uso del computer ma il gioco ha ancora molto da dire: già un secolo fa Capablanca diceva che gli scacchi erano vicini alla fine, invece sono più vivi che mai. Anzi, sono diventati ancora più sfaccettati». Riguardo alla nuova popolarità degli scacchi Godena poi fa una battuta: «Purtroppo la dimensione sociale del circolo è meno presente. Per me l’ambiente è stato fondamentale, con amicizie che andavano oltre il gioco. Oggi le persone sono più chiuse. Sarebbe bello ritrovare una spinta alla socialità, al confronto di gruppo, a tornare a vivere il gioco anche dal vivo». A confermare la crescita culturale ci sono anche i numeri, con più tesserati, più giovani e più donne che giocano, come spiega il presidente della Federscacchi Luigi Maggi, che aggiunge: «Ora però serve una spinta professionistica». E annuncia: «In cantiere c’è l’apertura di un Centro Tecnico Federale in Friuli Venezia Giulia che permetterà di svolgere una preparazione più accurata, soprattutto rivolta ai giovani. Si tratta di un investimento strategico per il futuro che guarda anche ad altri Paesi con l’obiettivo di favorire la crescita di una “scuola italiana”, con identità e metodi propri. Oggi si affacciano sulla scena scacchistica mondiale potenze come la Cina e l’India, che impongono modelli molto forti e strutturati. In India, ad esempio, i giocatori di alto livello vengono assunti come dirigenti d’azienda. In Italia, invece, gli scacchi spesso restano un passatempo: se non diventano un lavoro, difficilmente si potrà costruire un movimento di vertice. Ecco perché serve una spinta verso la professionalizzazione, per garantire un futuro competitivo e sostenibile al movimento, perché gli scacchi, una volta incontrati, non si abbandonano mai».