repubblica.it, 18 giugno 2025
I caccia israeliani distruggono la leggenda di Top Gun
I top gun israeliani contro la leggenda del film “Top Gun”, sia del primo ma soprattutto del secondo episodio che proponeva uno scenario bellico estremamente simile a quello che sta avvenendo realmente. La missione impossibile affidata in “Maverick” all’inossidabile pilota interpretato da Tom Cruise riguardava proprio il bombardamento di una base nucleare iraniana scavata nella profondità di una montagna: esattamente come Fordow, ritenuta fucina della bomba atomica degli ayatollah e in apparenza inespugnabile.
Agli appassionati di aviazione però di entrambe le pellicole è rimasto nel cuore un altro protagonista, che non è Maverick, Goose o Iceman – i soprannomi dei piloti – ma il loro aereo: il Grumman F-14 Tomcat. Negli anni Ottanta – il primo film è del 1986 – era il simbolo della superiorità tecnologica americana: ali che si modificavano in volo per decollare dalle portaerei e poi superare i duemila chilometri all’ora concedendo pure una straordinaria manovrabilità. Un radar e un missile aria-aria a lunghissimo raggio – il Phoenix – con prestazioni imbattibili che surclassavano gli omologhi sovietici.
Grazie a “Top Gun”, il caccia F-14 viene consacrato come l’icona del bellicismo reaganiano, che tornava a rendere l’America aggressiva e temuta anche perché imprevedibile come il personaggio di Tom Cruise. Una fama consolidata dalle battaglie nel Golfo della Sirte contro gli stormi di Gheddafi o dalle spedizioni punitive contro i Guardiani della Rivoluzione in quello Persico.
C’è un solo alleato a cui la Casa Bianca ha concesso quel velivolo tanto potente quanto segreto ed è l’unico di cui si fidasse totalmente, molto più che di Israele: l’Iran dello shah Reza Pahlavi. Le sue forze armate erano la barriera contro l’espansione sovietica nel Golfo del petrolio e così nel 1976 gli furono venduti trenta Tomcat. Dopo la rivoluzione khomeiniana e gli embarghi americani, Teheran ha fatto letteralmente di tutto per mantenerli attivi, incluso negoziare la fornitura di pezzi di ricambio come contropartita segreta per la liberazione degli ostaggi catturati nell’ambasciata statunitense.
L’Us Navy ha tolto gli F-14 dal servizio nei primi anni Duemila; con un miracolo di ingegneria creativa gli aviatori iraniani hanno continuato a farli volare. Una circostanza sfruttata dagli sceneggiatori del sequel di “Top Gun” per dare un brivido nel finale, quando Maverick e il figlio di Goose, abbattuti dalla contraerea durante il raid sul laboratorio nucleare, si impadroniscono di uno dei “grandi vecchi del cielo” e lo usano per fuggire, sfidando l’ultima generazione di jet russi hi-tech schierati al fianco degli ayatollah. “Non è l’aereo che conta, ma il pilota”, la frase chiave del duello tra macchine costruite a mezzo secolo di distanza l’una dall’altra.
La saga degli F-14 è stata cancellata nelle scorse ore dalle squadriglie israeliane, che nella pioggia di bombe seminate sull’Iran non hanno trascurato i vetusti intercettori, demolendo gli hangar che li ospitavano. Ad uso della propaganda, hanno pure diffuso il video in cui due Tomcat parcheggiati su una pista vengono inceneriti uno dopo l’altro: un accanimento giudicato inutile, visto che molto probabilmente si trattava di velivoli fuori uso “cannibalizzati” per prelevare componenti e riparare i pochi ancora efficienti. Se ci sarà un terzo capitolo cinematografico di “Top Gun”, non avranno più una parte da recitare.
Questa storiella di jet e blockbuster hollywoodiani può sembrare fuori luogo in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo, ma contiene una lezione da tenere presente: la capacità e la resilienza dei militari iraniani, così abili da ricostruire intere sezioni dei velivoli americani e dei loro radar, e dotati di competenze tecnico-scientifiche che sarebbe sbagliato sottovalutare.